Se il conducente rifiuta di sottoporsi all’accertamento non sussiste l’obbligo dell’avviso del difensore

Tag 23 Settembre 2021  |

Nel caso di rifiuto di sottoporsi all’accertamento non sussiste l’obbligo di dare avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore.

Difatti la presenza del difensore è funzionale a garantire l’esecuzione dell’accertamento che è un atto irripetibile.

Uff. indagini preliminari Torino Sent., 06/04/2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI TORINO

SEZIONE DEI GIUDICI PER LE INDAGINI PRELIMINARI

Il Giudice per le Indagini Preliminari dott. Ludovico Morello

all’esito dell’udienza in camera di consiglio del 30.3.2021

ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente

SENTENZA

ai sensi degli artt. 442 e ss. c.p.p.

nei confronti di:

S.M., nato a T. il (…), dichiaratamente domiciliato in M., Via M. 11 presso M. V. M.;

difeso di fiducia dall’avv. Alessandro BELLINA del foro di Torino;

– libero – non presente –

IMPUTATO

del reato di cui all’art. 186 comma 7 D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 e succ. modif., perché, quale conducente del veicolo Fiat Panda, tg. (…), rifiutava di sottoporsi all’accertamento del proprio stato di alterazione psico-fisica previsto dal predetto articolo.

Commesso in Nichelino (TO) il 10.6.2020.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. A seguito di tempestiva opposizione a decreto penale di condanna con contestuale richiesta di giudizio abbreviato, all’udienza del 30.3.2021 il reo è stato ammesso al rito come richiesto.

Alla medesima udienza le parti sono state invitate alla discussione ed hanno concluso come in epigrafe.

Il Giudice ha pubblicato la presente sentenza mediante lettura del dispositivo.

2. La documentazione agli atti non lascia dubbi circa la responsabilità penale dell’imputato per il reato contestato.

Ai fini che ivi rilevano, difatti, dalle risultanze istruttorie è emerso quanto segue.

In data 10.6.2020, verso le ore 19,05 circa, l’imputato, alla guida dell’autoveicolo di proprietà di terzi targato (…), dopo aver effettuato un sorpasso, a velocità sostenuta, invadendo la corsia di marcia opposta, è stato sottoposto ad un controllo del tasso alcolemico dagli operanti di p.g.

Il S. presentava come sintomi indicativi dell’abuso di sostanze alcoliche quelli di: “alito fortemente alcolico (rilevabile nonostante gli operanti indossassero mascherina chirurgica, a differenza del conducente), occhi lucidi, eloquio biascicato, lentezza nei riflessi sociali (reazioni al dialogo con gli operanti)”.

Ricorrendo i presupposti per sottoporre il reo agli accertamenti di cui all’art. 186 comma 3 C.d.S., il S. ha opposto un netto rifiuto a sottoporsi alla prova etilometrica non invasiva con apparecchio portatile (c.d. precursore) in dotazione alla p.g. richiedente; da successivi accertamenti è risultato che l’imputato non aveva mai conseguito la patente di guida (cfr. c.n.r. e relativi allegati).

Risultano pertanto pacifici, alla luce delle risultanze istruttorie, sia la sussistenza del fatto descritto nel capo d’imputazione, sia la commissione dello stesso da parte dell’imputato.

Non è invece stata dimostrata la sussistenza di cause di non punibilità o altri elementi favorevoli all’imputato, la cui penale responsabilità deve pertanto ritenersi provata in ordine al reato contestato.

Va poi sottolineato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del reo. “l’obbligo di dare avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore per l’attuazione dell’alcoltest” non sussiste in caso di rifiuto di sottoporsi all’accertamento, in quanto la presenza del difensore è funzionale a garantire che l’atto in questione, in quanto non ripetibile, sia condotto nel rispetto dei diritti della persona sottoposta alle indagini” (cfr. Cass. 34355/2020).

Non risulta neppure applicabile la causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p., in quanto l’offesa non può ritenersi tenue poiché: il reo si è messo alla guida ragionevolmente in condizioni di ebbrezza, ponendo potenzialmente in grave pericolo l’incolumità degli altri utenti della strada; il medesimo non aveva neppure mai conseguito la patente di guida ed è stato sorpreso nell’atto di commettere una grave violazione del C.d.S.

3. Acclarata la penale responsabilità dell’imputato, ai fini della determinazione della pena occorre far riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c.p., alla luce del principio della finalità rieducativa della pena sancito dall’art. 27, comma terzo della Costituzione.

La pena base va individuata in mesi 9 di arresto ed Euro 2.400,00 di ammenda proprio per quanto poc’anzi evidenziato (il reo si è messo alla guida ragionevolmente in condizioni di ebbrezza, ponendo potenzialmente in grave pericolo l’incolumità degli altri utenti della strada, non aveva mai conseguito la patente di guida ed è stato sorpreso nell’atto di commettere una grave violazione del C.d.S.).

Possono essere riconosciute all’imputato le circostanze attenuanti generiche per l’incensuratezza, per la giovane età e per il non aver cagionato incidenti o concreti ed accertati pericoli per altri utenti della strada: la pena viene quindi ridotta a mesi 6 e giorni 10 di arresto ed Euro 1.600,00 di ammenda.

In ragione della scelta del rito, trattandosi di contravvenzione, va operata la riduzione di 1/2: la pena viene definitivamente quantificata in mesi 3 di arresto ed Euro 800,00 di ammenda.

L’imputato deve inoltre essere condannata al pagamento delle spese processuali.

Ai sensi dell’art. 186 comma 2 lett. c) C.d.S., dalla pena principale comminata all’imputato discenderebbe automaticamente la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente; tuttavia, nel caso di specie tale sanzione non viene comminata atteso che l’imputato non ha mai conseguito la patente di guida.

Si ordina infine la trasmissione degli atti al Prefetto per quanto di competenza.

Su espressa richiesta della difesa, in base ai criteri di ragguaglio dettati dagli artt. 135 c.p., 54 D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274 e 186 comma 9 bis C.d.S., la pena inflitta va sostituita con 186 ore di lavoro di pubblica utilità a favore della collettività presso un ente senza scopo di lucro da individuarsi a carico dell’imputato (pari a mesi 3 di arresto ed Euro 800,00 di ammenda che corrispondono rispettivamente a 180 e 6 ore).

Le modalità e i tempi dell’esecuzione della prestazione potranno essere concordate dall’imputato con l’ente anche in corso di esecuzione, alla stregua dei criteri di cui agli artt. 54 e 59 D.Lgs. n. 274 del 2000, senza comunque che risultino pregiudicate le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dell’imputato, con possibilità di svolgere anche un numero maggiore di 6 ore settimanali.

L’imputato è tenuta a presentarsi presso il citato ente e comunque ad iniziare la citata attività lavorativa entro due mesi dalla data del passaggio in giudicato della presente sentenza, pena la revoca del beneficio.

Peraltro, l’imputato può presentarsi ed iniziare l’attività anche subito dopo la pronuncia della presente sentenza, evincendosi dal testo del comma 9 bis che la sanzione sostitutiva può essere eseguita dal condannato anche prima del passaggio in giudicato della sentenza che la irroga.

Peraltro il calendario concordato tra ente ed imputato e la data di inizio dello svolgimento del lavoro, come ogni eventuale variazione del calendario ed ogni eventuale violazione, devono essere immediatamente comunicati, a cura dell’imputato e dell’ente, all’UEPE competente e alla cancelleria di questo giudice, per il conseguente inserimento nel fascicolo processuale.

Anche la conclusione positiva dello svolgimento del lavoro di p.u. dovrà poi essere comunicata dall’imputato, dall’ente e dall’UEPE alla cancelleria di questo giudice, per la declaratoria di estinzione del reato.

Si precisa che la sostituzione della pena inflitta con i lavori di p.u. risulta possibile nel caso di specie in quanto l’imputato non ne ha mai beneficiato.

P.Q.M.

Visti gli artt. 442, 533 e 535 c.p.p.,

dichiara S.M. responsabile del reato ascritto e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo condanna alla pena di mesi 3 di arresto ed Euro 800,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali;

Visto l’art. 186, comma 9 bis C.d.S.,

dispone la conversione della pena nella prestazione dei lavori di pubblica utilità a favore della collettività presso un ente senza scopo di lucro da individuarsi a carico dell’imputato per la durata di 186 ore, da svolgere in numero anche superiore alle 6 settimanali e da iniziarsi entro e non oltre 2 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza.

Ordina la trasmissione degli atti al Prefetto per quanto di competenza.

Così deciso in Torino, il 30 marzo 2021.

Depositata in Cancelleria il 6 aprile 2021.

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