Vi svelo alcuni “segreti” del reato di omesso versamento delle ritenute INPS

Commento all’art. 2, commi 1 e 1 bis, D.L. 463/1983

Reato sempre più frequente è quello relativo all’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali da parte del datore di lavoro. Diversi sono gli utenti che ci hanno contattato avendo ricevuto a casa un decreto penale con la contestazione penale predetta.

L’art. 2, commi 1 e 1 bis, d.l. 463/1983 (convertito nella legge 11 Novembre 1983, n. 683), stabilisce:

“1. Le ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, ivi comprese le trattenute effettuate ai sensi degli articoli 20, 21 e 22 della legge 30 aprile 1969, n. 153, debbono essere comunque versate e non possono essere portate a conguaglio con le somme anticipate, nelle forme e nei termini di legge, dal datore di lavoro ai lavoratori per conto delle gestioni previdenziali ed assistenziali, e regolarmente denunciate alle gestioni stesse, tranne che a seguito di conguaglio tra gli importi contributivi a carico del datore di lavoro e le somme anticipate risulti un saldo attivo a favore del datore di lavoro.”

“1-bis. L’omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1 è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire due milioni. Il datore di lavoro non è punibile se provvede al versamento entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.”

Il legislatore stabilisce con il suddetto disposto  la sanzione della reclusione fino a tre anni congiuntamente  alla multa fino a Euro 1032,91.

Fermo restando il principio di coscienza e volontà  dell’illecito penale da parte del datore di lavoro, il quale naturalmente escluderebbe la responsabilità penale, tale fattispecie presta il fianco a diverse considerazioni e spigolature; esaminiamone qualcuna:

IL REATO DE  QUO SI CONFIGURA NEL CASO DI OMESSO VERSAMENTO DELLA RETRIBUZIONE?

TESI POSITIVA

Il problema sembrerebbe facilmente superabile:  il reato fa riferimento al solo concetto di “omissione delle ritenute” a prescindere se la retribuzione è stata pagata o meno, e pertanto il reato si configura in base alla pura e semplice verifica dell’omissione stessa.

Nel caso in cui il datore di lavoro non abbia pagato le retribuzioni dei dipendenti, di conseguenza  avrà omesso anche di versare i contributi inps, da cui la configurazione del  reato  a carico del datore.

Si noti, come secondo tale tesi, il concetto “retribuzione” e quello “previdenza” sono indipendenti tra loro.

L’obbligo di versamento verso l’Inps viene qualificato come tributo ex se (autonomo); questa non nasce dalla retribuzione lavorativa, ma ha una sua autonoma valenza.

In effetti, la tesi positiva  sposa proprio questo orientamento.

Tale tesi afferma che la ratio dell’istituto è quella di garantire al lavoratore una tutela  costituzionalmente orientata, ex artt. 4-35-36-37-38 e seguenti  Cost.. Il lavoratore ha diritto ad una regolare posizione previdenziale ed il legislatore ha voluto punire penalmente il datore omettente.

Per meglio chiarire tale posizione, ricostruisco la ratio della fattispecie da un’altra angolazione.

Il datore di lavoro che omette di versare la retribuzione compie un illecito civile, ossia tale omissione non è penalmente rilevante (ma solo civilmente). Il lavoratore andrà davanti al Giudice per obbligare il suo datore a pagargli lo stipendio.

Al contrario abbiamo visto che l’omesso versamento delle trattenute è invece un illecito penale (ossia un reato).

Tale considerazione sottolinea l’indipendenza del concetto di “retribuzione” da quello di “previdenza”.

Ancora!

Se sposassimo la tesi opposta (ossia il datore che non paga la retribuzione non commette il reato di omesso versamento Inps) si arriverebbe ad una diseguaglianza  ex art. 3 Cost. (che afferma il principio di uguaglianza formale e sostanziale dei cittadini davanti alla legge).

Difatti il datore di lavoro che non paga il lavoratore dipendente non commetterebbe il reato , a differenza di quello che paga il dipendente ma non versa i contributi.

Si sanzionerebbe in modo più grave una condotta meno grave in contrasto con un principio di giustizia sostanziale e di  proporzionalità  tra la condotta antigiuridica e la sanzione penale.

TESI NEGATIVA

Letto quanto sopra, sembrerebbe assurdo sostenere il contrario … ed invece, la tesi negativa probabilmente è meno suggestiva ma è dotata di un notevole rigore logico.

La tesi negativa afferma che:  il datore di lavoro che non versa le trattenute all’Inps, nell’ipotesi in cui, in concreto, non abbia retribuito i lavoratori, non è soggetto alla sanzione penale ex d.l. 463/1983.

Tale teoria trova la sua chiave di volta nell’affermare la stretta interdipendenza del concetto di retribuzione con quello di trattenuta previdenziale. Il concetto di “trattenuta” presuppone quello di retribuzione, altrimenti non vi sarebbe nulla da trattenere.

Inoltre, nel testo dell’articolo sopra indicato si legge:  “l’omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro…”.

Il termine “operate” evidenzia che le ritenute/trattenute non solo devono sussistere in astratto, ma devono anche essere “operate” in concreto dal datore di lavoro.

Ma sopratutto !

Se l’interpretazione giusta fosse quella di considerare l’omesso versamento delle ritenute penalmente rilevante a prescindere dalla sussistenza della retribuzione, allora anche l’omesso versamento della quota contributi del datore di lavoro (ossia la parte della quota previdenziale che versa il datore di “tasca sua” a favore del lavoratore; da distinguere rispetta alla quota prelevata a titolo di “trattenuta” dallo stipendio del lavoratore) dovrebbe essere penalmente rilevante.

Al contrario, la condotta suddetta è stata depenalizzata: il datore di lavoro che omette di versare la propria quota di contributi a favore del lavoratore non commette reato, ma è solo passibile di una sanzione amministrativa.

Abbiamo quindi una profonda differenza:

– omesso versamento di contributi  (ossia la quota del datore) -> non è reato

– omesso versamento di trattenute -> è reato

Anche, tale distinzione deve trovare una ratio giustificatrice altrimenti  sarebbe contraria al principio di uguaglianza ex art. 3 Cost.

Ecco che chi sostiene la “tesi negativa” afferma che la tesi positiva (la prima esaminata) è sbagliata.

Difatti, SE l’intenzione del legislatore fosse quella di accordare una tutela penale nel caso di lesione della posizione previdenziale del lavoratore (costituzionalmente garantita), ALLORA non vi dovrebbero essere differenze tra le due omissioni suddette.

Secondo tali sostenitori, il diverso trattamento sanzionatorio si giustifica sulla circostanza che il legislatore ha inteso reprimere non il fatto omissivo del mancato versamento dei contributi, ma il più grave fatto commissivo dell’appropriazione indebita da parte del datore di lavoro di somme prelevate dalla retribuzione dei lavoratori dipendenti.

La fattispecie penale sanziona il comportamento fraudolento del datore di appropriarsi indebitamente di quella parte di retribuzione del lavoratore che lo stesso avrebbe dovuto versare all’INPS tramite il meccanismo della trattenute.

In tal senso, il datore di lavoro che omette di versare i contributi ( ossia la propria quota previdenziale a favore del lavoratore) non commette reato in quanto non vi è appropriazione indebita; ed infatti è prevista solo una sanzione amministrativa.

In tal senso, se non c’è la “retribuzione” non c’è nulla di cui appropriarsi e quindi il reato non si configura e l’omesso versamento delle trattenute non è penalmente rilevante.

D’altra parte se esaminiamo l’art 646 del codice penale che disciplina il reato di “appropriazione indebita” in generale, questo articolo prevede proprio la stessa sanzione:  “…reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 1.032 Euro”. Tale analogia avvolora la tesi negativa.

Richiamiamo il riferimento alla supposta diseguaglianza ex art. 3 Cost. menzionato precedentemente durante l’esposizione della tesi positiva.

Si diceva che  vi è un problema di giustizia sostanziale, ex art. 3 Cost., in quanto se si accogliesse la tesi negativa  il datore che non paga la retribuzione (e quindi non versa le trattenute) non commeterebbe reato, al contrario di quello che paga la retribuzione ma non versa all’Inps.

Il primo è un comportamento più grave (in quanto vi sono due omissioni: contro il lavoratore e contro l’Inps) ma viene punito maggiormente il secondo (solo verso l’Inps), il quale costituisce reato.

I fautori della tesi negativa affermava che la questione sopra esposta è errata.

In quanto il secondo comportamento è molto più grave in riferimento al suo carattere di inadempimento occulto.

Il primo comportamento non si presta ad essere occultato, e in tempi assai brevi, alla fine della settimana o del mese, i lavoratori conosceranno l’inadempimento e potranno esperire i rimedi opportuni per ottenere il pagamento dello stipendio; mentre il mancato versamento delle ritenute assicurative e previdenziali può rimanere nascosto anche per lunghi periodi e costituisce dunque una condotta insidiosa, capace di procurare al lavoratore danni assai più gravi.

Secondo i fautori della tesi negativa è la tesi positiva ad essere incostituzionale, in quanto la stessa non riuscirebbe a giustificare il perché l’omesso versamento trattenute e l’omesso versamento contributi siano sanzionate diversamente (una con il reato, l’altra con una sanzione amm.va).

In effetti, il datore che omette di versare le trattenute è penalmente perseguibile; al contrario se non versa i contributi è passibile di una mera multa. Eppure per il lavoratore in tutti e due i casi sarebbe una lesione della sua posizione previdenziale.

Sorpresi ?! voi quale delle due tesi sostenete …

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