Dichiarazione telematica atto autonomo e unico

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[intestaz]

Cass. civ. Sez. V, Sent., 11-12-2013, n. 27712

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 

SEZIONE TRIBUTARIA

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

 

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

 

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

 

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

 

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

 

ha pronunciato la seguente:

 

sentenza

 

sul ricorso 28981-2011 proposto da:

 

D.F., elettivamente domiciliato in ROMA VIA SALARIA 292, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO BALDI, rappresentato e difeso dall’avvocato LANTERI ILARIA giusta delega a margine;

 

CASALE BRUNO SRL in persona del legale rappresentante 2013 Pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato BONOTTO MARCELLO con studio in ROMA VIA SISTINA 121 giusta delega a margine;

 

SANREMO PREZIOSI SRL in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA SALARIA 292 presso lo studio dell’Avvocato BALDI FRANCESCO, rappresentato e difeso dall’Avvocato LANTERI ILARIA giusta delega a margine;

 

m.f., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELL’ARGILLA 4 presso lo studio dell’Avvocato NAPOLITANO MANUELA, rappresentato e difeso dall’Avvocato PANETTA TIZIANA giusta delega in calce;

 

– ricorrente e ricorrenti successivi –

 

contro

 

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

 

– controricorrente –

 

e contro

 

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE REGIONALE LIGURIA, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI IMPERIA, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO TERRITORIALE DI SANREMO, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE REGIONALE LIGURIA;

 

– intimati –

 

sul ricorso 29994-2011 proposto da:

 

M.F., elettivamente domiciliato in ROMA VIA SALARIA 292, presso lo studio dell’avvocato BALDI FRANCESCO, rappresentato e difeso dall’avvocato LANTERI ILARIA giusta delega a margine;

 

STUDIO CARASSALE SRL, CARASSALE MATTEO, CARASSALE FERRUCCIO in persona del Socio e Amministratore Unico pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA F. PAOLUCCI DE CALBOLI 1 presso lo studio dell’Avvocato CIASCHI STEFANIA, rappresentati e difesi dall’Avvocato GALLI GIOVANNI giusta delega in calce;

 

– ricorrente e ricorrenti successivi –

 

contro

 

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

 

– controricorrente –

 

e contro

 

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE REGIONALE DELLA LIGURIA, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI IMPERIA, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO TERRITORIALE DI SANREMO, SEGRETERIA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI LIGURIA, MA.NI., B.N.;

 

– intimati –

 

avverso la sentenza n. 53/2011 della COMM.TRIB.REG. di GENOVA, depositata il 12/07/2011;

 

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/06/2013 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;

 

La Corte preliminarmente dispone la riunione dei ricorsi 2 e 3 del ruolo odierno, trattandosi di ricorsi contro la stessa sentenza;

 

uditi per il n. r.g. 28981/11 gli Avvocati LANTERI ILARIA, BONOTTO MARCELLO in proprio, BONOTTO MARCELLO per delega Avvocato PANETTA TIZIANA, che hanno chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso e delle memorie, l’Avvocato LANTERI alle ore 11,00 deposita note di replica;

 

uditi per il n. r.g. 29994/11 gli Avvocati LANTERI ILARIA, GALLI GIOVANNI che hanno chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso e delle memorie, l’Avvocato LANTERI alle ore 11,00 deposita note di replica;

 

udito per il controricorrente per entrambi i ricorsi l’Avvocato CAPUTI ANNA LIDIA, che ha chiesto il rigetto;

 

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata che ha concluso per il n. r.g. 28981/11 il rigetto, inammissibilità dei ricorsi CASALE e m., per il n. r.g.29994/11 il rigetto del ricorso.

 

 

 

[fatto]

1. La vicenda.

 

La S.r.l. Servizi Contabili, facente capo ai commercialisti dott. Ma.Ni. e dott. B.N., sui incarico di vari clienti (Soc. Giunchetto, M.F., Soc. Bruno Casale, Sas Sport Nautico, Soc. Studio Carassale, Soc. Sanremo Preziosi, A.P., D.F., m.F.), trasmetteva telematicamente dichiarazioni per l’anno d’imposta 2003, esponenti ciascuna la spettanza di crediti IVA. A seguito di accessi eseguiti presso i contribuenti e i loro commercialisti, l’Ufficio rilevava l’assenza di registrazioni di fatture in misura tale giustificare i crediti esposti nelle dichiarazioni; nell’occasione gli interessati evidenziavano che s’era trattato di errore informatico di trasmissione, atteso che nessuna somma era stata da loro riportata “a credito” ovvero richiesta “a rimborso”.

 

Indi, il Fisco notificava ai contribuenti e ai professionisti avvisi di accertamento nei quali, dato atto che i crediti erano stati rinunciati e, comunque, non utilizzati dagli interessati, applicava a soggetti coinvolti le sanzioni per infedele dichiarazione.

 

2. Le sentenze di merito.

 

La CTP di Imperia, adita dai protagonisti della vicenda, rilevava che i due commercialisti avevano riconosciuto i propri errori e, atteso che le dichiarazioni errate non erano state sottoscritte dai contribuenti, applicava a questi ultimi la minor sanzione per omessa presentazione senza addebito d’imposta.

 

Le sentenze erano appellate dall’Agenzia delle entrate che, insistendo sulla tesi dell’accordo fraudolento tra commercialisti e loro clienti e sulla natura sostanziale (e non formale) delle infrazioni commesse, chiedeva che fossero confermati i più gravi addebiti contestati e sanzionati con gli avvisi di accertamento. Le controparti resistevano con appelli incidentali.

 

I giudizi, riuniti dalla CTR-Liguria, erano definiti con unica sentenza che, riformando la decisione di prime cure, confermava gli avvisi di accertamento nei confronti dei contribuenti e dichiarava inammissibili i ricorsi introduttivi dei professionisti.

 

Il giudice d’appello, per quanto qui interessa, motivava la sua decisione ritenendo che:

 

a) per i contribuenti, nell’ambito delle procedute telematiche di trasmissione, fosse superata la sanzione per omessa sottoscrizione della dichiarazione IVA, poichè trattandosi di copia conservata dalla stesso contribuente, era sicura la sua provenienza, mentre la sua conformità al modello trasmesso telematicamente era verificabile in ogni momento;

 

b) la violazione addebitata ai contribuenti non era meramente formale, ma specificamente sostanziale, avendo arrecato pregiudizio all’azione di controllo del Fisco, vistosi costretto ad un complessa attività di ricostruzione dell’accaduto, il che integrava l’infrazione d’infedele dichiarazione e l’applicazione della corrispondente sanzione, peraltro concretamente irrogata nel minimo edittale;

 

c) il fatto che la certificazione rilasciata dall’intermediario al momento della consegna della dichiarazione non costituisse prova dell’avvenuta presentazione poneva a carico dei contribuenti l’onere di ottenere dal professionista incaricato l’effettiva prova della correttezza delle trasmissione della dichiarazione e dei dati con essa trasmessi, incorrendo altrimenti in colpa in vigilando;

 

d) la fattispecie d’infedele dichiarazione si realizza ogniqualvolta risulti un’imposta inferiore a quella dovuta, ovvero un’eccedenza (detraibile o rimborsabile) non spettante, prescindendo sia dall’intento frodatorio che dal danno erariale.

 

3. I ricorsi.

 

3.1. Con atto del 28 novembre 2011, iscritto con il n. 28981/11, il contribuente D.F. proponeva ricorso per cassazione, affidato tre motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate che resisteva con controricorso del 28 dicembre 2011.

 

3.2. La medesima decisione era impugnata il 6 dicembre 2011 con altro ricorso, affidato a tre motivi e iscritto sotto il n. 29994/11, dal contribuente M.F. nei confronti dell’Agenzia delle entrate che resisteva con controricorso del 16 gennaio 2012.

 

3.3. Un terzo ricorso, affidato a otto motivi e inserito nel fase. n. 29994/11, era proposto il 2 febbraio 2012 dalla Soc. Studio Carassale, nonchè dai suoi soci C.M. e F., nei confronti dell’Agenzia delle entrate, del Ministero dell’economia e delle finanze, del dott. Ma.Ni. e della dott. B.N.; la sola Agenzia resisteva con controricorso del 5 marzo 2012.

 

3.4. Il 29 maggio 2012 un quarto ricorso, affidato a otto motivi e inserito nel fase. n. 28981/11, era proposto dalla Soc. Bruno Casale nei confronti dell’Agenzia delle entrate che resisteva con controricorso del 5 luglio 2012.

 

3.5. Il 5 ottobre 2012, un quinto ricorso, affidato a tre motivi (con sei censure) e inserito nel fase. n. 28981/11, era proposto dalla Soc. Sanremo Preziosi nei confronti dell’Agenzia delle entrate che resisteva con controricorso del 9 novembre 2012.

 

3.6. Infine, un sesto ricorso, affidato a sei motivi e inserito nel fase. n. 28981/11, era proposto il 9 ottobre 2012 da m.

 

f. nei confronti dell’Agenzia delle entrate che resisteva con controricorso del 16 novembre 2012.

 

3.7. Sono in atti memorie ex art. 378 c.p.c. e osservazioni ex art. 379 c.p.c..

 

 

 

[diritto]

4. Le questioni preliminari.

 

4.1. I sei autonomi ricorsi, essendo stati proposti avverso la medesima sentenza, deveono essere riuniti (art.335 c.p.c).

 

4.2. Ciascun ricorso è stato notificato all’Agenzia delle entrate e quello dei C. è stato notificato anche al Ministero dell’economia e delle finanze nonchè ai commercialisti dott. Ma.Ni. e dott. B.N.; non vi sono notifiche agli altri contribuenti, litisconsorti soccombenti in appello, cioè:

 

Giunchetto s.r.l. in liquidazione, A.P., Sport Nautico s.a.s. di Della Pietra P. & C, nè risultano ricorsi di costoro.

 

4.2.1. Tanto premesso di osserva che la pregressa riunione nel giudizio di merito di più cause originariamente separate, in ragione della connessione di petitum e causa petendi propri di ciascuna di esse e della identità delle questioni da trattare, non comporta il venir meno dell’autonomia dei singoli giudizi e la sentenza che li definisce, pur se formalmente unica, consta in realtà di tante pronunce quante sono le cause riunite Sez. 2, Sentenza n. 24086 del 26/11/2010, Rv. 615769. Dunque, le cause connesse per riunione sono scindibili e il litisconsorzio è facoltativo. Ne consegue che se alla parte della causa connessa e riunita non è notificato il ricorso autonomo di altro litisconsorte nei suoi confronti non deve essere ordinata alcuna integrazione del contraddittorio (art. 331 c.p.c), bensì il ricorso può esserle notificato unicamente per litis denuntiatio (art. 332 c.p.c.) e soltanto se l’impugnazione non sia preclusa dalla scadenza del termine, nella specie spirato il 12 ottobre 2012 (art. 327 c.p.c.) Sez. 3, Ordinanza n. 6824 del 20/03/2010, Rv. 612053.

 

4.3. Sempre in rito e preliminarmente, si rileva, riguardo al solo ricorso di Soc. Studio Carassale e soci, la carenza di legittimazione processuale dell’altro soggetto da loro evocato dinanzi a questa Corte, il Ministero dell’economia e delle finanze, che non è stato parte nel giudizio di secondo grado ed è oramai estraneo al contenzioso tributario dopo la creazione delle agenzie fiscali.

 

La chiamata ministeriale in cassazione è, dunque, inammissibile e il ricorso di Soc. Studio Carassale e soci va esaminato unicamente riguardo all’Agenzia delle entrate, che è la sola a essere legittimamente intimata.

 

5. I ricorsi di D., M. e Soc. Sanremo Preziosi.

 

5.1. Con il primo motivo dei rispettivi similari ricorsi, i tre contribuenti denunciano violazioni del D.P.R. n. 322 del 1998, art.8, comma 6, e art. 1, commi 3 e 6, nonchè correlativi vizi motivazionali.

 

Rilevano che l’omessa sottoscrizione dell’erronea dichiarazione IVA rende la stessa del tutto priva di effetto, sicchè non si è neppure concretizzata la fattispecie della presentazione d’infedele dichiarazione, essendo la stessa giuridicamente mancante.

 

Ne deriva che, non essendo dovuta alcuna imposta, l’unica sanzione applicabile è quella relativa alla meno grave ipotesi di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, comma 3, giusta circolare 54/E del 16 giugno 2002.

 

Lamentano, inoltre, che il giudice d’appello non ha considerato che il credito, erroneamente esposto nella dichiarazione trasmessa telematicamente dai professionisti incaricati, non era stato riportato in contabilità nell’anno 2003 e negli anni successivi, non era stato riportato nella dichiarazione per il 2004, non era mai stato altrimenti utilizzato (compensazione, rimborso) ed era stato espressamente rinunciato nel 2006.

 

5.1.1. La prima censura non è fondata.

 

In tema di dichiarazioni fiscali, il comma del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 1 stabilisce:

 

“La dichiarazione è sottoscritta, a pena di nullità, dal contribuente o da chi ne ha la rappresentanza legale o negoziale. La nullità è sanata se il contribuente provvede alla sottoscrizione entro trenta giorni dal ricevimento dell’invito da parte del competente ufficio dell’Agenzia delle entrate”.

 

Il comma 6 dello stesso articolo aggiunge:

 

“In caso di presentazione della dichiarazione in via telematica, le disposizioni dei commi 3, 4 e 5 del presente articolo si applicano con riferimento alla dichiarazione che gli stessi soggetti sono tenuti a conservare”.

 

Dunque, l’obbligo della sottoscrizione della dichiarazione – per coloro che presentano la stessa telematicamente – riguarda una dichiarazione che gli stessi soggetti sono tenuti a conservare e non il modello trasmesso in via telematica, trattandosi appunto della copia del modello conservata dal contribuente; sicchè ne è sicura la provenienza dallo stesso, mentre può esserne verificata in qualsiasi momento la sua conformità al modello telematicamente trasmesso.

 

Così – per i contribuenti che trasmettono telematicamente la dichiarazione fiscale – l’ordinaria fattispecie della mancata sottoscrizione della dichiarazione cartacea, è di fatto irrealizzabile. A tal proposito, si consideri che – a mente del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 1, comma 6, – l’obbligo della sottoscrizione della dichiarazione, per coloro che presentano la stessa telematicamente, va riferito alla dichiarazione che gli stessi soggetti sono tenuti a conservare e non al modello trasmesso in via telematica.

 

In definitiva, la modalità di trasmissione per via telematica della dichiarazione fiscale per il tramite di centri di assistenza o professionisti abilitati comporta una presunzione di identità tra i dati risultanti all’esito della trasmissione all’anagrafe tributaria e i dati presenti nel modello cartaceo sottoscritto dal contribuente, perchè la via telematica costituisce una modalità di invio della dichiarazione. Ne consegue che, ove sia eccepita una discordanza di dati in sede di gravame avverso la cartella di pagamento, non è l’Amministrazione finanziaria a dover fornire la prova della conformità, ma il contribuente a dover dimostrare la difformità, ai sensi dell’art. 2697 c.c., comma 2, trattandosi di deduzione dell’inefficacia del fatto costitutivo della pretesa tributaria azionata, ed essendo egli onerato, in base all’ordinaria diligenza, di conservare una copia del modulo cartaceo anche oltre il termine di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 (Cass. 13440/12).

 

In tema di dichiarazioni rese ai fini fiscali, l’atto non sottoscritto dal suo autore non è radicalmente inesistente, ma può essere sanato o attraverso la sottoscrizione successiva o attraverso una condotta che, secondo una valutazione in fatto, consenta di attribuire la paternità dello stesso al contribuente, senza richiedere a quest’ultimo una postuma sottoscrizione, ultronea a fronte della sua volontà di utilizzare l’atto manifestata in sede processuale. (Cass. 13313/12 e 21673/06). In sintesi, la procedura di presentazione della dichiarazione in via telematica, prevista dal D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 3, comporta che la dichiarazione e la sua presentazione costituiscano, diversamente dal sistema cartaceo (per il quale vi è una dichiarazione distinta dalla prova del suo invio o della sua presentazione all’Ufficio), un unico, complesso atto, che viene ad esistenza giuridica soltanto con l’invio da parte del contribuente, il quale, quindi, non può addurre dati diversi desunti da una propria dichiarazione cartacea (salvo il caso di errore da lui compiuto nel formare ed inviare la dichiarazione, eventualmente emendabile secondo le regole generali), attesa la irrilevanza di quest’ultima, poichè non costituente copia della dichiarazione presentata all’Ufficio, in quanto l’elaborazione telematica attribuisce certezza (superabile solo con rigorosa prova contraria attinente al sistema informatico di trasmissione dei dati) della conformità del “file” (contenente la dichiarazione) giunto all’amministrazione a quello inviato dal contribuente. (Cass. 385/13).

 

5.1.2. Inoltre, anche la seconda censura non è fondata e sul punto si rinvia alle argomentazioni di seguito svolte sul correlato terzo motivo (v. 5.3.1).

 

5.2. Con il secondo motivo – denunciando violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 2, 3, 5 e 9 e del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, nonchè correlativi vizi motivazionali – i tre contribuenti rilevano che il giudice d’appello ha trascurato il principio di personalità della sanzione, che individua, quale centro d’imputazione di conseguenze giuridiche, chi abbia posto in essere la trasgressione dell’obbligo tributario. Infatti, non avendo il contribuente mai firmato il mod. Unico/2004 per l’anno 2003, non ha posto in essere il comportamento trasgressivo contestatogli dal Fisco come presentazione infedele.

 

Inoltre, sul piano logico e circostanziale, il giudice d’appello ha trascurato la piena ed esclusiva assunzione di responsabilità dei fatti addebitati da parte dei due professionisti depositari della contabilità e delegati per la trasmissione delle dichiarazioni fiscali. Tale rilievo fattuale, comprovato del contenuto dello stesso processo verbale di constatazione, avrebbe dovuto portare a negare ogni coinvolgimento, anche meramente concorsuale, del contribuente nell’accaduto, mancando il requisito legale della volontarietà della condotta ed essendo del tutto immotivata la culpa in vigilando cui si riferisce la sentenza d’appello.

 

5.2.1. Il mezzo non è fondato, “…tenuto conto che, come questa Corte ha già affermato, in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 5, richiede la consapevolezza del contribuente in ordine al comportamento sanzionato, condotta che non deve essere necessariamente dolosa, sanzionando la legge anche la mera negligenza (Cass. 22890/06), e che, con riferimento al caso di specie, appare condivisibile l’assunto dell’Ufficio secondo cui gli obblighi tributari relativi alla presentazione della dichiarazione dei redditi ed alla tenuta delle scritture non possono considerarsi assolti da parte del contribuente con il mero affidamento delle relative incombenze ad un professionista, richiedendosi altresì anche un’attività di controllo e di vigilanza sulla loro effettiva esecuzione, nel concreto superabile soltanto a fronte di un comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento dell’incarico ricevuto” (Cass. 12472/10). La Corte, anche in sede penale, ha confermato il consolidato principio di diritto secondo cui l’affidamento a un commercialista del mandato a trasmettere per via telematica la dichiarazione alla competente Agenzia delle Entrate non esonera il soggetto obbligato alla dichiarazione fiscale a vigilare affinchè tale mandato sia puntualmente adempiuto (Cass. pen. 16958/12; conf.

 

ex multis Cass. pen. 9163/09; SU pen. 35/01; Cass. pen. 709/1999;

 

Cass. pen. 3036/1987).

 

Si aggiunga, sul tema specifico delle sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, che il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 5, applicando alla materia fiscale il principio sancito in generale dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 3, stabilisce che non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente.

 

Ciò va inteso nel senso della sufficienza della coscienza e della volontà, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa (o di un intento fraudolento), atteso che la norma pone una presunzione di colpa per l’atto vietato a carico di chi lo abbia commesso, lasciando a costui l’onere di provare di aver agito senza colpa (Cass. 22890/06; conf. 13068/11, in generale, e 15782/12, sulle sanzioni doganali; v. 4171/09, sulla non necessità di un intento fraudolento).

 

Il contribuente, in tesi generale, ha l’obbligo di presentare correttamente e fedelmente la dichiarazione, di redigerla in modo fedele e di fare i versamenti dovuti in base ad essa. Perciò, nell’ipotesi in cui il soggetto passivo si rivolga a un intermediario abilitato per la compilazione e la trasmissione – ovvero per la sola trasmissione – telematica del modello, è suo preciso obbligo quello di far si che la dichiarazione sia correttamente e fedelmente compilata e tempestivamente presentata (cfr. Cass. 1198/04).

 

Sicchè, con riferimento al caso di specie, appare condivisibile l’assunto secondo cui gli obblighi tributari relativi alle dichiarazioni fiscali non possono considerarsi assolti da parte del contribuente con il mero affidamento delle relative incombenze ad un professionista, richiedendosi altresì anche un’attività di controllo e di vigilanza sulla loro esecuzione, nel concreto superabile soltanto a fronte di un comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento dell’incarico ricevuto (Cass. 12473/10). Si tratta di un obbligo di vigilanza al cui diligente esercizio sono apprestate le disposizioni della L. n. 322 del 1998 (artt. 3, commi 9, 9-bis, 10) e del D.M. 31 luglio 1998 (art. 9 e art. 11, comma 6) su (a) trasmissione non manipolabile della dichiarazione con chiave criptata asimmetrica, (b) generazione del corrispondente documento da conservarsi in copia cartacea o supporto informatico da parte dell’intermediario, (c) generazione e consegna, da parte dell’intermediario, del corrispondente documento cartaceo da conservarsi a cura del contribuente, (d) generazione telematica, da parte del Fisco, della ricevuta contenente il riepilogo dei principali dati fiscali (volume d’affari dichiarato, importo finale di debito o credito, etc).

 

5.3. Con il terzo motivo – denunciando violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art.6, comma 5-bis, e del D.Lgs. n. 471 del 1997, artt. 5 e 8, nonchè correlativi vizi motivazionali – i tre contribuenti rilevano che il giudice d’appello ha trascurato di considerare che l’errore materiale nella dichiarazione, addebitabile ai due professionisti delegati, ha dato luogo a una irregolarità di natura meramente formale senza alcun addebito d’imposta, atteso che le registrazioni fiscali erano del tutto corrette e che l’erroneo credito IVA, esposto nell’UNICO 2004 per l’anno 2003, non è stato riportato nell’UNICO 2005 per l’anno 2004 ed è stato esplicitamente rinunciato ancor prima della redazione del processo verbale di constatazione.

 

Sicchè, mancando ogni pregiudizio per il Fisco, sia riguardo all’azione di controllo sia riguardo all’evasione d’imposta, il giudice d’appello avrebbe potuto, quanto meno, derubricare la fattispecie nella meno grave infrazione prevista e sanzionata dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 8, comma 1 quale dichiarazione inesatta o irregolare.

 

5.3.1. Il mezzo non è fondato.

 

Riguardo alle infrazioni non meramente formali in materia di IVA, l’illecito originariamente previsto nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 43, comma 2, è stato sostanzialmente riprodotto nel comma 4 dell’art. 5 D.Lgs. n. 471, in quanto il precetto e la sanzione sono ivi confluiti, con l’unica differenza (nella specie priva di rilievo) dell’eliminazione della soglia minima del decimo (Cass. 21155/09).

 

In ordine al previgente D.P.R. n. 633 del 1972, art. 43, comma 2, questa Corte ha ripetutamente affermato che l’illecito amministrativo si realizza per il solo fatto che, in base ai dati contenuti nella dichiarazione, risulti un’imposta inferiore a quella dovuta, ovvero una eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante, prescindendo la norma da ulteriori valutazioni sia di carattere soggettivo, quale l’intenzione di frodare il Fisco, che di carattere oggettivo, quale il verificarsi di un danno per l’Erario (Cass. 214/02; conf. 20070/05; v. anche 3608/06, in motivazione).

 

A tale orientamento, non essendovi ragione per discostarsene, va data ulteriore continuità, il che comporta che pure riguardo al vigente D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, comma 4, non occorre che, in concreto, la dichiarazione inesatta abbia determinato un’evasione dell’imposta ovvero il conseguimento di un rimborso indebito.

 

Nè vale invocare il D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 5 e 6, comma 5- bis, che, prevedendo la punibilità per la trasgressione cosciente e volontaria delle norme tributarie, la escludono per quelle violazioni che non arrecano pregiudizio all’azione di controllo della finanza o alla determinazione della base imponibile, dell’imposta o del versamento del tributo. Infatti, in assenza di azione di controllo della finanza e di conseguenti avvisi di rettifica e di accertamento, l’inesistente credito IVA si sarebbe consolidato al 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, sia pure nei limiti precisati dalla giurisprudenza (cfr. Cass. 194/04 e 8810/13). Nella specie la rinuncia all’insussistente credito IVA esposto in dichiarazione è avvenuto solo dopo che il Fisco ha promosso l’attività amministrativa di accertamento sulle dichiarazioni trasmesse per i suoi molteplici clienti dalla S.r.l. Servizi Contabili, facente capo ai commercialisti Ma.Ni. e B.N., cioè ben oltre il termine per il ravvedimento fissato dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13 (“semprechè la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche…”). Per ulteriori profili si rinvia alle considerazioni di seguito svolte sub p. 7.7.1.

 

6. Il ricorso della Soc. Bruno Casale.

 

6.1. Con il primo motivo di ricorso, la contribuente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, comma 4, del D.Lgs. n. 322 del 1998, artt. da 1 a 8 e dei principi generali dell’ordinamento in materia di dichiarazione, nonchè correlati vizi di motivazione.

 

Rileva che la dichiarazione (UNICO 2004 per l’anno 2003) oggetto degli addebiti contestati alla contribuente era rimasta pacificamente priva di sottoscrizione ed era, dunque, affetta da nullità, atteso che, per legge, gli intermediari, incaricati delle trasmissione, sono tenuti a rilasciare al dichiarante, tra l’altro, l’originale della dichiarazione, i cui dati sono stati trasmessi in via telematica, debitamente sottoscritta dalla parte contribuente unitamente a copia dell’attestato di avvenuto ricevimento da parte dell’Agenzia delle entrate.

 

6.1.1. Il mezzo non fondato dovendosi qui richiamare le medesime argomentazioni svolte sopra sub p. 5.1.1.

 

6.2. Con il secondo motivo, la contribuente denuncia vizio di motivazione, atteso che mancando una valida dichiarazione, non sono integrati ali estremi fattuali della fattispecie sanzionatoria del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, comma 4 “Se dalla dichiarazione presentata risulta un’imposta inferiore a quella dovuta ovvero un’eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante, si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della differenza. Se la violazione riguarda la dichiarazione periodica si applica la sanzione prevista dai comma 3”), neppure con riferimento al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 1, comma 6 (“In caso di presentazione della dichiarazione in via telematica, le disposizioni dei commi 3, 4 e 5 del presente articolo si applicano con riferimento alla dichiarazione che gli stessi soggetti sono tenuti a conservare”, semmai quelli delle più lievi infrazioni punite dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 8 “Fuori dei casi previsti negli artt. 1, 2 e 5, se la dichiarazione ai fini delle imposte dirette o dell’imposta sul valore aggiunto compresa quella periodica non è redatta in conformità al modello approvato dal Ministro delle finanze ovvero in essa sono omessi o non sono indicati in maniera esatta e completa dati rilevanti per l’individuazione del contribuente e, se diverso da persona fisica, del suo rappresentante, nonchè per la determinazione del tributo, oppure non è indicato in maniera esatta e completa ogni altro elemento prescritto per il compimento dei controlli, si applica la sanzione amministrativa da Euro 258 ad Euro 2.065” ovvero, essendo regolare la contabilità, dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, comma 3, “se il soggetto effettua esclusivamente operazioni per le quali non è dovuta l’imposta, l’omessa presentazione della dichiarazione è punita con la sanzione amministrativa da Euro 258 ad Euro 2.065.

 

La stessa sanzione si applica anche se è omessa la dichiarazione periodica o quella prescritta dal D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 50, comma 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, nel caso di effettuazione di acquisti intracomunitari soggetti ad imposta ed in ogni altro caso nel quale non vi è debito d’imposta”.

 

6.2.1. Il mezzo non è fondato.

 

Stante la trasmissione telematica del modello, nel quale la sottoscrizione non può essere materialmente apposta, l’obbligo della sottoscrizione della dichiarazione da parte del contribuente o del suo legale rappresentante va riferito alla dichiarazione che gli stessi soggetti sono tenuti a conservare (D.P.R. n. 322 del 1998, art. 1, comma 6). Pertanto, in dottrina, si è ritenuto che la causa di nullità in esame deve ritenersi che abbia perso rilevanza, sicchè dovrebbe essere considerata superata anche la sanzione di nullità per il caso di mancata sottoscrizione, considerato che, trattandosi della copia del modello conservata dallo stesso contribuente, ne è sicura la provenienza e può essere verificata in qualsiasi momento la sua conformità al modello trasmesso telematicamente. Pertanto si deve ritenere non aderente alla peculiarità della fattispecie sanzionatoria per mera omessa dichiarazione (art. 5, comma 3) che si applica anche alla dichiarazione non sottoscritta o sottoscritta da soggetto sfornito della rappresentanza legale o negoziale, non regolarizzata entro trenta giorni dal ricevimento dell’invito da parte dell’ufficio.

 

6.3. Con il terzo motivo, la contribuente denuncia violazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 2, comma 2, e dell’art. 5, nonchè dei principi informatori della materia e delle disposizioni di cui al D.P.R. n. 322 del 1998.

 

Rileva che il giudice d’appello ha trascurato che la nozione di colpa recepita dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5 riguarda i casi in cui “l’imperizia o la negligenza sono indiscutibili”, giammai obblighi in vigilando della parte contribuente circa la correttezza o meno dei dati della dichiarazione trasmessa dai professionisti incaricati della trasmissione telematica.

 

6.3.1. Il mezzo non è fondato dovendosi qui richiamare le medesime argomentazioni svolte sopra sub p. 5.2.1.

 

6.4. Con il quarto motivo, la contribuente denuncia la nullità della sentenza d’appello ex art. 112 c.p.c., e art. 360 c.p.c., n. 4, per vizio di ultrapetizione.

 

Rileva che il giudice d’appello ha posto a fondamento della propria decisione favorevole al Fisco ragioni diverse rispetto a quelle indicate nell’atto impositivo. Quest’ultimo, a suo dire, si fonda sul dolo e sulla condotta attiva e concorsuale della contribuente. La CTR, disattese tali ragioni, ha confermato l’avviso d’irrogazione di sanzione sulla scorta di un asserito comportamento colposo della società e della pretesa irrilevanza degli elementi di carattere soggettivo.

 

6.4.1. Il mezzo non è fondato.

 

L’accertamento della sussistenza dell’elemento soggettivo costituisce un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione logica e sufficiente (Cass. 4279/11).

 

Indi, compete al giudice della responsabilità, a prescindere dalla prospettazione operata dall’attore in senso sostanziale, valutare la natura dell’elemento psicologico (dolo o colpa; colpa grave o lieve;

 

etc); pertanto, anche in presenza di diversa qualificazione operata dalla parte o dal giudice di merito non si verifica un’ipotesi rispettivamente di mutatio libelli o di ultrapetizione (cfr. ex plurimis Cass. 8546/05; v., sul giudizio di responsabilità in genere, Corte dei Conti sez. riun., 25 marzo 1987, n.535).

 

6.5. Con il quinto motivo – denunciando vizio di motivazione – lamenta che il giudice d’appello abbia trascurato, sul piano logico e circostanziale, il fatto storico accertato in prime cure dalla CTP secondo cui i professionisti incaricati “si sono assunti la responsabilità dell’accaduto”.

 

6.5.1. Il mezzo è infondato.

 

La valutazione delle fonti, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quegli elementi che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri dati probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. 42/09; v. infra p. 7.2.1 e p. 7.3.1).

 

6.6. Con il sesto motivo – denunciando vizio di motivazione – la contribuente lamenta che il giudice d’appello abbia trascurato che l’erroneo credito IVA, esposto nell’UNICO 2004 per l’anno 2003 ha dato luogo a una irregolarità di natura meramente formale senza alcun addebito d’imposta, atteso che le registrazioni fiscali erano del tutto corrette e che tutta la documentazione necessaria per chiarire l’accaduto è stata immediatamente fornita dalla società all’Agenzia delle entrate non appena richiesta con apposito questionario.

 

6.6.1. Il mezzo non fondato dovendosi qui richiamare le medesime argomentazioni svolte sopra sub p. 5.3.1.

 

6.7. Con il settimo motivo, denuncia la nullità della sentenza d’appello ex art. 112 c.p.c. e art. 360 c.p.c., n. 4, per vizio di ultrapetizione.

 

Rileva che il giudice d’appello ha posto a fondamento della propria decisione favorevole al Fisco una ragione estranea all’atto impositivo, cioè quella che la “violazione avrebbe arrecato pregiudizio all’azione di controllo del Fisco”.

 

6.7.1. Il mezzo non fondato dovendosi qui rinviare alle argomentazioni di seguito svolte sub p. 7.1.1.

 

6.8. Con l’ottavo motivo – denunciando vizio di motivazione – lamenta che il giudice d’appello abbia trascurato il rilievo fattuale dell’omessa sottoscrizione della dichiarazione, “essendo sicura la provenienza dallo stesso” ed essendo la sua responsabilità derivante da culpa in vigilando, per omesso controllo sul professionista incaricato. Rileva che non sarebbe individuabile il procedimento logico posto a base della decisione d’appello riguardo all’elemento soggettivo.

 

6.8.1. Il mezzo non fondato dovendosi qui richiamare le medesime argomentazioni svolte sopra sub p. 5.2.1.

 

7. Il ricorso della Soc. Studio Carassale e dei suoi soci.

 

7.1. Con il primo motivo di ricorso, costoro denunciano la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e degli artt. 24 e 111 Cost..

 

Lamentano che la sentenza d’appello, valorizzando la culpa in eligendo e in vigilando della parte contribuente, riguardo all’operato dei professionisti incaricati della trasmissione telematica della dichiarazione IVA, sia caduta in vizi di ultra ed extra petizione. Infatti, essa ha arbitrariamente modificato i presupposti di fatto enunciati nell’atto impositivo riguardo ai soggetti (la società in luogo dei professionisti), alla condotta (omissiva non più commissiva), all’elemento psicologico (culpa in vigilando invece del dolo).

 

7.1.1. Il motivo non è fondato.

 

Riguardo alle sanzioni amministrative – per la natura del processo tributario, che non è annoverabile tra quelli di impugnazione- annullamento, bensì tra quelli di impugnazione-merito, in quanto non diretto alla mera eliminazione dell’atto impugnato ma alla pronunzia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente sia dell’accertamento dell’amministrazione finanziaria – il giudice, ove ricorrano i necessari presupposti processuali della sua rituale investitura, ha il potere-dovere di esaminare anche tutti i possibili aspetti del potere sanzionatorio esercitato dall’ente impositore, nonchè il potere di determinare (nell’ambito delle richieste delle parti) l’entità delle sanzioni effettivamente dovute, essendo sufficiente, ai fini della relativa motivazione, il richiamo ai tributi evasi. (Cass. 9774/10).

 

7.2. Con il secondo motivo – denunciando violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 – i ricorrenti lamentano che il giudice d’appello abbia trascurato sia l’elemento confessorio costituito dalla dichiarazione ripetutamente resa dal dott. Ma. circa la responsabilità esclusivamente sua e del suo Studio nell’errata indicazione del credito IVA nella dichiarazione telematica e l’assoluta estraneità della parte contribuente alla contestata violazione, sia la circostanza che il PVC e l’avviso di accertamento indicano detto professionista e il Suo studio quali responsabili certi dell’accaduto.

 

7.2.1. Il mezzo non è fondato, dovendosi qui richiamare le medesime considerazioni sopra svolte sub p. 6.5.1.

 

7.3. Con il terzo motivo – denunciando la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 7, comma 4, dell’art. 2733 cod. civ. e degli artt. 228 e 229 cod. proc. civ. – i ricorrenti rilevano che il giudice d’appello ha ignorato che il dott. Ma., negli atti processuali sottoscritti nell’interesse dei ricorrenti, ma in un processo che lo vedeva come parte a tutti gli effetti, ha confessato ripetutamente la responsabilità esclusivamente sua e del suo Studio nell’errata indicazione del credito IVA nella dichiarazione telematica.

 

7.3.1. Il mezzo non è fondato.

 

Le dichiarazioni rese in giudizio dal difensore, contenenti affermazioni relative a fatti sfavorevoli al proprio rappresentato non hanno efficacia di confessione (Cass. 7015/12); a maggior ragione non hanno valore direttamente probatorio le dichiarazioni relative a fatti favorevoli al proprio assistito.

 

Peraltro, ove pure si consideri la posizione di parte processuale assunta dal Ma. nei giudizi paralleli che lo riguardano e quella di litisconsorte facoltativo in cause scindibili assunta dopo la riunione di appello, dalle sue propalazioni – non trovando affatto applicazione l’art. 2733 cod. civ., u.c. – si possono trarre solo elementi indiziari di giudizio nei confronti delle altre parti (Cass. 8458/04; cfr. Cass. 4486/11) con valutazione discrezionale che non soggiace al sindacato di legittimità (Cass. 19963/05). La valutazione delle fonti, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quegli elementi che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri dati probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. 42/09).

 

7.4. Con il quarto motivo – denunciando la violazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 7 e del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 1, 2, 4, 6, 11, 16 – i ricorrenti rilevano che, contrariamente all’assunto delle sentenza d’appello, non sia attribuibile alla parte contribuente una violazione presente solo nella dichiarazione IVA trasmessa in via telematica, atteso che nella specie manca la prova dell’esistenza della dichiarazione stessa in formato cartaceo, della sua corrispondenza a quella inviata telematicamente e della sua sottoscrizione a cura della parte contribuente, che nega d’averla mai vista e firmata.

 

7.4.1. Il mezzo non è fondato dovendosi qui richiamare le medesime argomentazioni svolte sopra sub p. 5.1.1.

 

7.5. Con il quinto motivo – denunciando vizi motivazionali correlati al precedente motivo – i ricorrenti lamentano che il giudice d’appello, riguardo alla dichiarazione IVA, abbia affermato del tutto immotivatamente che, “dovendosi fare esclusivo riferimento alla copia conservata e consegnata dall’intermediario, è pacifico che questa sia identica a quella telematicamente trasmessa”.

 

7.5.1. Il mezzo non è fondato dovendosi qui richiamare le medesime argomentazioni svolte sopra sub p. 5.1.1.

 

7.6. Con il sesto motivo – denunciando la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5-bis, – i ricorrenti lamentano che il giudice d’appello ha trascurato la non punibilità della parte contribuente atteso che l’errore nella dichiarazione, addebitabile al professionista delegato e al suo Studio, ha dato luogo a una irregolarità di natura meramente formale senza alcun addebito d’imposta, è rimasto privo di conseguenze. Rilevano sul punto che le registrazioni fiscali erano del tutto corrette e che l’erroneo credito IVA, esposto nell’UNICO 2004 per l’anno 2003, non è stato riportato nell’UNICO 2005 per l’anno 2004 e che dello stesso non è stato chiesto il rimborso.

 

7.6.1. Il mezzo non è fondato è dovendosi qui richiamare le medesime argomentazioni svolte sopra sub p. 5.3.1.

 

7.7. Con il subordinato settimo motivo, denunciando la violazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, artt. 5 e 8, i ricorrenti rilevano che è mancato qualsivoglia pregiudizio per il Fisco riguardo a evasione d’imposta; sicchè il giudice d’appello avrebbe potuto, quanto meno, derubricare la fattispecie sanzionatoria nella meno grave infrazione prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 8, comma 1 per le dichiarazioni inesatte o irregolari.

 

7.7.1. Il mezzo non è fondato.

 

Nel richiamare le considerazioni svolte sub p. 5.3.1, si osserva inoltre che il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, comma 4 – ritenuto applicabile dalla CTR -sanziona la dichiarazione che, pur presentata tempestivamente (ovvero in ritardo nel termine di tolleranza), contiene dati non veritieri che portano, nella dichiarazione stessa, alla liquidazione di minor imposta rispetto al dovuto ovvero alla esposizione di un’eccedenza detraibile e rimborsabile superiore a quelle spettante.

 

L’art. 8 sanziona, invece, le violazioni formali al contenuto delle dichiarazioni fiscali. Esse sono irregolari, secondo dottrina e prassi (circ. 23 del 25/01/1999), (a) se non sono redatte secondo il modello predisposto, (b) se sono omessi, inesatti o incompleti i dati rilevanti per l’individuazione della parte contribuente o del suo legale rappresentante, (c) se sono omessi, inesatti o incompleti dati rilevanti per l’individuazione del tributo, (d) se sono inesatti incompleti altri elementi prescritti per il compimento dei controlli.

 

Nel caso di specie ci si trova dinanzi a crediti IVA inesistenti ma esposti in dichiarazione e che, dunque, incidono sul contenuto sostanziale della dichiarazione.

 

Inoltre, il comma 3 dell’art. 5 sanziona l’omessa dichiarazione in assenza di debito d’imposta, sicchè la fattispecie punitiva opera se siano effettuate esclusivamente operazioni per le quali l’imposta non è dovuta per legge es. operazioni non imponibili, esenti, etc..

 

7.8. Con il subordinato ottavo motivo, denunciando vizio motivazionale, i ricorrenti rilevano che sia del tutto carente l’argomentare del giudice d’appello nella parte in cui si limita a censurare come “ostativa all’attività di controllo”, la semplice indicazione di un dato errato nella dichiarazione inviata telematicamente dall’intermediario, a fronte del pacifico mancato utilizzo dell’erroneo credito IVA della parte contribuente e dell’agevole raffronto tra l’errore e la contabilità aziendale regolarmente tenuta.

 

7.8.1. Il mezzo non è fondato è dovendosi qui richiamare le medesime argomentazioni svolte sopra sub p. 5.3.1.

 

8. Il ricorso di m.f..

 

8.1. Con il primo motivo – denunciando plurime violazioni di norme di diritto D.Lgs. n. 471 del 1997, artt. 5 e 8; D.P.R. n. 322 del 1998, artt. da 1 a 8; artt. da 2706 a 2709 c.c. – il contribuente rileva che la dichiarazione (UNICO 2004 per l’anno 2003) oggetto degli addebiti contestati alla contribuente era rimasta pacificamente priva di sottoscrizione ed era, dunque, affetta da nullità, atteso che, per legge, gli intermediari, incaricati delle trasmissione, sono tenuti a rilasciare al dichiarante, tra l’altro, l’originale della dichiarazione, i cui dati sono stati trasmessi in via telematica, debitamente sottoscritta dalla parte contribuente unitamente a copia dell’attestato di avvenuto ricevimento da parte dell’Agenzia delle entrate.

 

8.1.1. Il mezzo non è fondato è dovendosi qui richiamare le medesime argomentazioni svolte sopra sub p. 5.1.1.

 

8.2. Con il secondo, il quarto e il sesto motivo – denunciando plurimi vizi motivazionali – il contribuente rileva che il giudice d’appello ha trascurato la piena ed esclusiva assunzione di responsabilità dei fatti addebitati da parte dei due professionisti depositari della contabilità e delegati per la trasmissione delle dichiarazioni fiscali; il che, mancando ogni sottoscrizione da parte dell’interessato, avrebbe dovuto portare a negare ogni coinvolgimento, anche meramente concorsuale, del contribuente nell’accaduto, mancando i requisiti legali della volontarietà della condotta e della sostanzialità dell’infrazione.

 

8.2.1. I mezzi, correlati tra loro, non sono fondati dovendosi qui richiamare le medesime argomentazioni svolte sopra sub p. 5.2.1.

 

8.3. Con il terzo motivo – denunciando violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10 e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5-bis, – il contribuente rileva che il giudice d’appello ha trascurato di considerare che l’errore compiuto dai due professionisti delegati, ha dato luogo a irregolarità di natura meramente, mancando ogni pregiudizio per il Fisco, sia riguardo perchè, nel valutare come sostanziale l’infrazione, avrebbe affermato che si trattava di “violazione che avrebbe arrecato pregiudizio all’azione di controllo”, circostanza questa non dedotta nell’atto impositivo sul quale si era formato il contraddittorio.

 

8.3.1. Il mezzo non è fondato è dovendosi qui richiamare le medesime argomentazioni svolte sopra sub p. 5.3.1.

 

8.4. Con il quinto motivo di ricorso, il contribuente denuncia la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ..

 

Lamenta che la sentenza d’appello, valorizzando il pregiudizio all’azione del controllo del Fisco culpa in eligendo e in vigilando della parte contribuente, riguardo all’operato dei professionisti incaricati della trasmissione telematica della dichiarazione IVA, sia caduta in vizi di ultra ed extra petizione. Infatti, essa avrebbe arbitrariamente modificato i presupposti di fatto enunciati nell’atto impositivo.

 

8.5.1. Il mezzo non è fondato è dovendosi qui richiamare le medesime argomentazioni svolte sopra sub p. 7.1.1.

 

9.1. Rigettati tutti i ricorsi nei confronti dell’Agenzia contro ricorrente, le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza della contribuente e sono liquidate in dispositivo.

 

9.2. Nessuna pronunzia va adottata, invece, riguardo al Ministero, che, erroneamente intimato solo da Soc. Studio Carassale e soci, non svolge attività difensiva.

 

P.Q.M.

 

La Corte riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso di Soc. Studio Carassale e soci nei confronti del Ministero intimato;

 

rigetta tutti i ricorsi riuniti nei confronti dell’Agenzia controricorrente; condanna le parti ricorrenti alle spese del presente giudizio di legittimità liquidate, a favore dell’Agenzia delle entrate, in Euro 6.500 cadauna, oltre alle spese prenotate a debito.

 

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2013.

 

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2013

 

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