Quando la persona offesa concorre nel sinistro stradale

Tag 18 Febbraio 2020  |

 

[massima]

In tema di responsabilità per sinistri stradali, il comportamento imprudente della persona offesa coinvolta nel sinistro non integra la fattispecie descritta dall’art. 62 n. 5, c.p. (ossia l’aver concorso a determinare l’evento, insieme con l’azione o omissione del colpevole, il fatto doloso della persona offesa).

Cassazione penale  sez. IV del 15 aprile 2010 n. 17602

 

 

[fattoediritto]

F.F.P. ricorre contro la sentenza indicata in epigrafe con la quale il giudice di pace di Manfredonia lo ha ritenuto responsabile del reato di lesioni colpose conseguenti ad incidente stradale, commesso in data (OMISSIS), in danno di B. V..

Il giudicante ha individuato nella condotta colposa del F. la causa determinante del sinistro sul rilievo che questi aveva effettuato una improvvisa manovra di svolta a sinistra senza avvedersi del sopraggiungere dal senso di marcia opposto al proprio del motoveicolo condotto dal B., il quale viaggiava a velocità moderata.

Il ricorrente articola un unico motivo con il quale propone diversi profili di censura.

Sotto il primo, si duole della manifesta illogicità della motivazione, che non avrebbe debitamente tenuto conto della deposizione dell’unico teste oculare, il quale aveva affermato che la collisione tra i due mezzi si era verificata quando l’autovettura del F. era parcheggiata sul lato sinistro della strada, posta leggermente di traverso rispetto alle altre che erano parcheggiate, ed aveva disatteso tale versione del fatto affermando che, in quel caso, il motociclo del B. avrebbe dovuto collidere con altro automezzo, che, parcheggiato nella stessa area, costituiva un ostacolo che precedeva quello costituito dal veicolo dell’imputato.

Si sostiene che tale ricostruzione del sinistro era stata supportata dal materiale fotografico prodotto dalla difesa e dal rapporto dei vigili urbani. Il medesimo teste aveva altresì affermato che il ciclomotore viaggiava a velocità non moderata mentre il giudice di pace aveva affermato che il predetto mezzo procedeva a velocità limitata.

Sotto il secondo profilo lamenta la mancata concessione dell’attenuante ex art. 62 c.p., n. 5.

Sotto il terzo profilo si duole della omessa concessione della sospensione condizionale della pena.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Quanto al primo profilo di censura, il ricorso si risolve in una censura di merito afferente la valutazione dei mezzi di prova che sfugge al sindacato di legittimità, in quanto la motivazione in proposito fornita dal giudice di merito appare logica e congruamente articolata.

Va in proposito ricordato che, per assunto pacifico, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia – valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente – è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione (ex pluribus, Sez. 4, 10 febbraio 2009, Pulcini).

Il giudice di pace, all’esito della valutazone degli elementi acquisiti, ha attribuito rilievo determinante nella determinazione causale dell’evento alla condotta colposa del ricorrente che violando ogni regola di prudenza e la specifica norma del codice della strada, aveva effettuato una manovra improvvisa di svolta a sinistra senza avvedersi del sopraggiungere del motoveicolo dal senso di marcia opposto.

Il giudizio espresso sul punto, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, è conforme alle risultanze dell’istruttoria svolta, ed in particolare, anche a voler prescindere dalle dichiarazioni rese dalla parte lesa e dal terzo trasportato, alle conclusioni del rapporto dell’incidente stradale redatto dai vigili urbani intervenuti sul posto.

Il giudicante ha altresì esaminato la ricostruzione della dinamica del sinistro operata dal teste oculare e l’ha disattesa facendo logicamente riferimento alla documentazione fotografica in atti e, quanto alla velocità del motociclo, alla traccia di frenata lasciata dal medesimo.

Tale giudizio attiene al merito dei fatti e non è sindacabile in sede di legittimità perchè frutto di un apprezzamento delle emergenze processuali, in ordine alla condotta del ricorrente, ai profili di colpa in essa ravvisati ed alla loro incidenza sotto il profilo causale, del quale è stata data congrua e coerente giustificazione.

La censura proposta è manifestamente infondata perchè si risolve in asserzioni e in considerazioni di merito dirette a contestare il valore probatorio degli elementi utilizzati dal giudice per pervenire al convincimento di responsabilità e non tengono conto degli argomenti e delle indicazioni probatorie contenuti nella motivazione della sentenza impugnata.

Quanto agli altri profili di censura, ne va parimenti rilevata la manifesta infondatezza.

Quanto alla pretesa (in vero, neppure motivata, se non assertivamente) applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 5, risulta evidente che la pretesa è infondata ove si consideri la carenza del presupposto fondamentale rappresentato dal “dolo” che deve caratterizzare il comportamento dell’offeso: nella vicenda, ove si discute di responsabilità per sinistri stradali, l’eventuale comportamento del conducente del motociclo, pur in ipotesi caratterizzato dalla violazione delle regole prudenziali ovvero dalla normativa cautelare in tema di circolazione stradale, si risolverebbe in ogni caso in un comportamento colposo, non potendo integrare i presupposti dell’invocata attenuante, che si basa sul comportamento “doloso” della persona offesa (cfr. Sez. 4, 14 marzo 1989, Pace).

Relativamente, poi, alla mancata concessione della sospensione condizionale, è sufficiente ricordare il disposto del D.Lgs. n. n. 274 del 2000, art. 60, che esclude l’applicabilità dell’invocato beneficio, alle pene irrogate dal giudice di pace.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00, ( mille), in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2010

 

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