TAR Calabria – sentenza del 2/10/2014

l’ Intestazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 795 del 2014, proposto da:

C. C., rappresentata e difesa dall’avv. Giselda Mercurio, elettivamente domiciliata presso lo Studio di costei, in Catanzaro, alla via Discesa Pietraviva, n. 8;

contro

Equitalia Sud S.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Carmela Parisi, elettivamente domiciliata presso lo Studio di costei, in Catanzaro, alla via F. Acri, n. 67;

per l’accesso

per l’accesso alle cartelle esattoriali indicate nell’istanza del 14 marzo 2014.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Equitalia Sud S.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visto l’art. 35, co. 1, lett. c) c.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 ottobre 2014 il dott. Francesco Tallaro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.

Fatto & Diritto

1. C. C. ha proposto d’innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale domanda ai sensi dell’art. 116 c.p.a.

Ha esposto che in data 14 marzo 2014 aveva presentato ad Equitalia Sud S.p.a. istanza di accesso per ottenere copia, con relative relazioni di notificazione, di alcune cartelle esattoriali, specificamente indicate in ricorso, emesse nei suoi confronti e asseritamente non notificate.

La ricorrente ha precisato che Equitalia Sud S.p.a. non ha soddisfatto la sua richiesta, trasmettendo esclusivamente copia, di cui non era attestata la conformità all’originale, di alcuni estratti di ruolo corredati dell’avviso di ricevimento delle relative cartelle.

Ella, pertanto, ha agito in questa sede denunciando l’illegittimità della condotta, nella sostanza inerte, tenuta dal concessionario del servizio di riscossione, la quale si porrebbe in contrasto con l’art. 26, comma 4, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e con gli artt. 22 ss. l. 7 agosto 1990, n. 241.

2. Ha resistito in giudizio Equitalia Sud S.p.a., la quale ha eccepito, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso, in quanto l’interesse della ricorrente sarebbe stato adeguatamente soddisfatto mediante il rilascio degli estratti di ruolo relativi alle cartelle di pagamento notificate, e ha precisato che l’obbligo di rilascio della documentazione poteva in ogni caso riguardare solo le cartelle di pagamento notificate nel corso dei cinque anni precedenti al deposito dell’istanza di accesso.

Ha quindi rilevato l’inesistenza del diritto di accesso ex art. 24, comma 1, lett. b) legge 7 agosto 1990, n. 241, essendo esso escluso nei “procedimenti tributari per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano” e comunque trattandosi di atti dell’esecuzione forzata tributaria, come tali sottratti all’accesso amministrativo.

Nel merito, ha sostenuto la carenza di interesse ad agire, essendo la ricorrente già in possesso della documentazione richiesta, atteso che le cartelle di pagamento, per le quali sussiste obbligo di conservazione dei relativi referti di notifica, risultano regolarmente notificate.

Ha escluso, inoltre, di essere in possesso di copia delle cartelle di pagamento, emesse in unico originale.

Infine, ha dedotto il proprio difetto di legittimazione passiva in ordine ad ogni doglianza circa l’omessa notifica degli avvisi di accertamento da parte dell’INPS.

3. Alla Camera di Consiglio del 2 ottobre 2014, previa richiesta di chiarimenti da parte del Collegio al procuratore dell’Ente resistente, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

4. Va preliminarmente precisato che con il proprio ricorso C. C. ha chiesto che venga accertato il suo diritto di accesso con riferimento esclusivo alle cartelle di pagamento specificamente indicate nel libello introduttivo, e non ha fatto alcun cenno – come invece erroneamente ha ritenuto la difesa di Equitalia Sud S.p.a. – agli avvisi di accertamento presupposti a tali cartelle o ad altri atti estranei all’attività dell’ente convenuto.

5. Ciò posto, va osservato, in linea teorica, quanto segue.

5.1. Secondo la giurisprudenza di questa Sezione (cfr., tra le molte, T.A.R. Calabria – Catanzaro, Sez. II, 10 luglio 2014, n. 1358), l’art. 24 l 7 agosto 1990, n. 241, nella parte in cui esclude il diritto di accesso con riferimento ai procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano, va interpretato nel senso che la inaccessibilità agli atti relativi deve essere ritenuta temporalmente limitata alla fase di mera “pendenza” del procedimento tributario, in quanto non sussistono esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento con l’adozione del procedimento definitivo di accertamento dell’imposta dovuta.

Conseguentemente, devesi riconoscersi il diritto di accesso qualora l’amministrazione abbia concluso il procedimento con l’emanazione del provvedimento finale e, quindi, in via generale, deve ritenersi sussistente il diritto di accedere agli atti di un procedimento tributario ormai concluso.

Sotto altro aspetto, va evidenziato che l’interesse del contribuente alla ostensione degli atti propedeutici a procedure di riscossione è riconosciuto anche in via legislativa, mediante la previsione di obblighi in capo al concessionario alla riscossione.

Invero, l’art. 26 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in tema di riscossione delle imposte sul reddito, recita: “Il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso del ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione”.

In particolare, il suddetto articolo ha introdotto due obblighi per la società concessionaria: a) la conservazione per cinque anni e b) l’obbligo di esibizione a richiesta del contribuente.

Ne consegue che, in relazione alla cartella esattoriale, la richiesta di accesso, ai sensi degli artt. 22 ss., l. 7 agosto 1990, n. 241, si pone come strumentale rispetto alla tutela dei diritti del contribuente in tutte le forme consentite dall’ordinamento giuridico ritenute più rispondenti ed opportune.

Diversamente opinando, si finirebbe con l’introdurre una ingiustificata limitazione all’esercizio della difesa in giudizio del contribuente, rendendo, comunque, estremamente difficoltosa la tutela giurisdizionale, che dovrebbe impegnarsi in una defatigante ricerca delle copie delle cartelle.

5.2. Quanto alla sussistenza del diritto di accedere alle cartelle di pagamento, benché al contribuente siano state fornite copie degli estratti di ruolo correlativi alle cartelle de quibus, si rileva che il Consiglio di Stato (da ultimo con la sentenza Cons. Stato, Sez. IV, 12 maggio 2014, n. 2422, in precedenza Cons. Stato Sez. IV, 30 novembre 2009, n. 7486) ha chiarito, con riferimento al già più volte citato art. 26 comma 4 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, come con esso il legislatore abbia individuato direttamente un obbligo di custodia degli atti ed un dovere di ostensione su mera richiesta del contribuente.

Le disposizioni sul diritto di accesso risultano pertanto di maggiore definizione e speciali rispetto alla disciplina generale del procedimento amministrativo in quanto, in questo caso, la valutazione sulla sussistenza di un interesse all’esibizione è fatta direttamente dalla legge, e non va più svolta caso per caso. A maggior ragione, quindi, la richiesta del contribuente non può mai essere valutata sotto il profilo della meritevolezza soggettiva da parte del concessionario, obbligato ex lege alla custodia ed all’esibizione, senza che allo stesso residui alcun margine di scelta.

Ciò in quanto “la copia della cartella di pagamento ex se costituisc (e) strumento utile alla tutela giurisdizionale delle ragioni della ricorrente e che la concessionaria non ha quindi alcuna legittimazione a sindacare le scelte difensive eventualmente operate dal privato” (Cons. Stato Sez. IV, 30 novembre 2009, n. 7486).

Va infatti sottolineato come la cartella di pagamento, ossia l’atto di cui il ricorrente ha chiesto l’ostensione, ed il documento ricevuto, intestato “estratto cartella” e stampigliato come “copia conforme dell’estratto di ruolo”, siano documenti diversi. In particolare, la cartella esattoriale è prevista dall’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli e deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero delle Finanze (attualmente con modello approvato dall’Agenzia delle Entrate). Il documento ricevuto dal ricorrente è invece un elaborato informatico formato dall’esattore, sebbene sostanzialmente contenente gli stessi elementi della cartella originale.

La differenza ontologica tra i due documenti non può però essere superata dall’omogeneità contenutistica, omogeneità che peraltro non è stata messa in dubbio dalle parti. La ragione per cui non è permesso all’amministrazione, ed al privato che esercita funzioni pubbliche, di sostituire arbitrariamente il documento richiesto con altro sebbene equipollente deriva espressamente dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, che all’art. 22 lett. d) fornisce la nozione di documento amministrativo e nello stesso contesto, alla lett. a) precisa come il diritto di accesso sia “il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi”, ossia un diritto di acquisizione di quegli stessi documenti o delle loro copie e non di succedanei.

In questa ottica, la giurisprudenza ha già evidenziato come elemento fondante dell’actio ad exhibendum sia la conformità del documento esibito al privato all’originale, non avendo neppure rilievo scusante l’esistenza per la pubblica amministrazione di impedimenti tecnici (Consiglio di Stato, sez. IV, 10 aprile 2009, n. 2243). A maggior ragione, l’accesso documentale non può essere soddisfatto dall’esibizione di un documento che l’amministrazione, e non il privato ricorrente, giudica equipollente.

6. Calando i principi testé illustrato alla realtà concreta della fattispecie in esame, va però rilevato che non sussiste dimostrazione alcuna che Equitalia Sud S.p.a. sia in possesso di ulteriore documentazione riguardante l’interessata, oltre quella consegnata, tenuto conto anche delle affermazioni contenute nella memoria difensiva della parte resistente, secondo cui “l’agente della riscossione ha regolarmente rilasciato alla ricorrente copia degli estratti di ruolo delle cartelle notificate nel corso degli anni, vale a dire tutta la documentazione in possesso della resistente e alla stessa riferibile, e che, ad ogni buon conto, si allega nuovamente alla presente memoria” e secondo cui “Equitalia Sud s.p.a. ha assolto i propri obblighi di legge trasmettendo alla ricorrente tutta la documentazione in proprio possesso riguardante la stessa”.

Tale assunto di fatto, peraltro, è stato ribadito a verbale dal difensore della parte resistente, previo espresso interpello da parte del Collegio, e non è stato oggetto di smentita ad opera del difensore di parte ricorrente. Il difensore di Equitalia Sud S.p.a., in particolare, ha ribadito che l’Ente da lui patrocinato non è in possesso di copia della cartella di pagamento richiesta.

Ed allora, sussiste la condizione di improcedibilità di cui all’art. 35, comma 1, lett. c), c.p.a. ( “Il giudice dichiara, anche d’ufficio, il ricorso (…)improcedibile quando nel corso del giudizio (…)sopravvengono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito”).

7. Stante la peculiarità della vicenda controversa, il Collegio ritiene di poter compensare le spese del processo, ad eccezione di quelle di notifica e di contributo unificato, che sono da porre a carico della parte resistente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile.

Spese compensate, salvo quelle di notifica e di contributo unificato, che sono poste a carico della parte resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 2 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:

Salvatore Schillaci, Presidente

Nicola Durante, Consigliere

Francesco Tallaro, Referendario, Estensore

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