Lo Statuto del contribuente come principi generali ma non di rango superiore

Tag 21 Novembre 2013  |

 

[massima]

Le norme della L. 27 luglio 2000, n. 212, ossia il c.d Statuto del contribuente, sono emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e pertanto sono da qualificarsi come principi generali dell’ordinamento tributario.

In tal senso, in alcuni casi, le predette disposizioni sono idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri di guida in materia tributaria.

D’altra parte non hanno non hanno rango superiore alla legge ordinaria e pertanto non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, nè consentire la disapplicazione della norma tributaria.

Cass. civ. Sez. V, Sent., 15-11-2013, n. 25684

 

[intestaz]

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 

SEZIONE TRIBUTARIA

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

 

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

 

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

 

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

 

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

 

ha pronunciato la seguente:

 

sentenza

 

sul ricorso proposto da:

 

BICE s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Sistina n. 121, presso l’avv. Mauriello Giacomo, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

 

– ricorrente –

 

contro

 

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

 

– controricorrente –

 

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 160/41/07, depositata il 29 giugno 2007;

 

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25 settembre 2013 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;

 

udito l’avv. Mauriello Giacomo per la ricorrente;

 

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

 

[fatto]

1. La BICE s.r.l. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l’appello della contribuente, è stata confermata la legittimità dell’avviso di recupero del credito d’imposta per investimenti in aree svantaggiate, previsto dalla L. n. 388 del 2000, art. 8, emesso nei confronti della società BICE in relazione all’anno 2002.

 

Il giudice a quo ha ritenuto che l’omessa trasmissione, prescritta dalla L. n. 289 del 2002, art. 62 per il mantenimento del beneficio, del c.d. modello CVS ha comportato la decadenza dal beneficio stesso.

 

2. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

 

 

[diritto]

1. Con i tre motivi proposti, la ricorrente, denunciando la normativa concernente il credito d’imposta in esame (L. n. 388 del 2000, art. 8, L. n. 289 del 2002, art. 62), la L. n. 212 del 2000, art. 3 e 10, nonchè vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per avere disconosciuto il credito sulla base del solo omesso invio del c.d.

 

modello CVS e denuncia anche la contrarietà della disciplina citata ai principi stabiliti dallo Statuto del contribuente, il cui rango nella gerarchia delle fonti consentirebbe la disapplicazione delle norme con esso contrastanti.

 

I motivi sono manifestamente infondati, avendo questa Corte, con giurisprudenza ormai consolidata, affermato i seguenti principi di diritto:

 

a) in tema di contributi concessi sotto forma di credito d’imposta dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8 per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, l’inosservanza del termine -inizialmente individuato nel 31 gennaio 2003 dal D.L. 12 novembre 2002, n. 253, art. 1, comma 1, lett. a), n. 2, e poi definitivamente fissato al 28 febbraio 2003 dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. e) – entro il quale i soggetti che hanno conseguito il diritto al contributo anteriormente alla data dell’8 luglio 2002 devono comunicare all’Agenzia delle entrate i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, comporta la decadenza dal beneficio, non assumendo alcun rilievo la circostanza che il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sia stato emesso in data tale da non consentire al contribuente di disporre, rispetto alla predetta scadenza, del termine di sessanta giorni previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 3, comma 2, (c.d. Statuto del contribuente) per le norme che introducono adempimenti tributari, in quanto l’interessato è stato posto nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilità della scadenza del termine per adempiere il suo onere di comunicazione fin dal 13 novembre 2002, data di pubblicazione del D.L. n. 253 del 2002, ed il predetto termine legale non è comunque superabile con una diversa previsione temporale di natura amministrativa (Cass. n. 19627 del 2009; conformi Cass. nn. 3578 e 16442 del 2009,19127 del 2010);

 

b) la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 7, che ha disposto l’abrogazione del D.L. n. 253 del 2002, artt. 1 e 2 prima della scadenza dei termini per la conversione in legge, facendo salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici già sorti, ha soltanto impedito la protrazione dell’efficacia provvisoria delle predette disposizioni fino al termine naturale della mancata conversione in legge, senza alcuna applicazione retroattiva di disposizioni tributarie, vietata dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 3; ne consegue che, in base alla clausola di salvezza degli effetti prodottisi nel vigore del decreto-legge non convertito, legittimamente l’Amministrazione finanziaria provvede al recupero del credito di imposta utilizzato dal contribuente in compensazione, nonostante la sospensione della fruizione disposta con il citato D.L. n. 253 del 2002 (Cass. n. 24251 del 2011);

 

c) più in generale, le norme della L. 27 luglio 2000, n. 212 (c.d.

 

Statuto del contribuente), emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento tributario, sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nel’ordinamento, criteri di guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori), ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria; conseguentemente, non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, nè consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse (Cass. n. 8254 del 2009, 8145 del 2011, 19692 del 2012, 10772 del 2013).

 

2. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

 

3. Sussistono giusti motivi, in considerazione dell’epoca in cui si è consolidata la richiamata giurisprudenza, per disporre la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

 

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2013.

 

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2013

 

 

 

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