Quando lo straniero può richiedere la status di rifugiato ?

I casi di protezione internazionale

Preliminarmente si ricorda che la Convenzione di Ginevra del 1951 afferma che il titolo di rifugiato politico deve concedersi a chi “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo una cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvertimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”.

In merito la Comunità Europea ha emanato due direttive le quali sono state recepite in Italia tramite D.Lgs 19 novembre 2007, n. 251 e D.Lgs 28 gennaio 2008, n. 25.

In particolare nel D.Lgs 251/2007 indicano alcune modalità procedurali dell’istanza.

Il richiedente dovrà produrre le dichiarazioni e tutta la documentazione in possesso in merito alla sua età, condizione sociale, anche dei congiunti, se rilevante ai fini del riconoscimento, identità, cittadinanza, paesi e luoghi in cui ha soggiornato in precedenza, domande d’asilo pregresse, itinerari di viaggio, documenti di identità e di viaggio, nonchè chiaramente i motivi della sua domanda di protezione internazionale.

In effetti, la domanda di protezione internazionale comporta la valutazione di diversi fattori, in particolare:

– le disposizioni legislative e regolamentari del Paese d’origine e relative modalità di applicazione o comunque gli usi e le consuetudini addottati ;

– la situazione individuale e le circostanze personali del richiedente, in particolare la condizione sociale, il sesso e l’età;

Peraltro,  la circostanza che il richiedente abbia già subito persecuzioni o danni gravi o minacce dirette di persecuzioni o danni costituisce un serio indizio della fondatezza dell’istanza.

Inoltre, si precisa che laddove taluni elementi o aspetti delle dichiarazioni del richiedente la protezione internazionale non siano suffragati da prove, essi possono essere comunque considerati veritieri dall’autorità, considerato che il richiedente ha compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda, e considerata la congruità di quanto affermato.

La normativa predetta esplicita anche cosa debba intendersi per “Atti di persecuzione”, i quali devono essere sufficientemente gravi, per loro natura o frequenza, da rappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali, in particolare dei diritti per cui qualsiasi deroga è esclusa, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, della Convenzione sui diritti dell’Uomo.

Gli atti di persecuzione suddetti possono assumere la forma di:

a) atti di violenza fisica o psichica, compresa la violenza sessuale;

b) provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia o giudiziari, discriminatori per loro stessa natura o attuati in modo discriminatorio;

c) azioni giudiziarie o sanzioni penali sproporzionate o discriminatorie;

d) rifiuto di accesso ai mezzi di tutela giuridici e conseguente sanzione sproporzionata o discriminatoria;

e) azioni giudiziarie o sanzioni penali in conseguenza del rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto;

f) atti specificamente diretti contro un genere sessuale o contro l’infanzia.

Diniego dello status di rifugiato

Per completezza si ricorda che  lo status di rifugiato NON è riconosciuto quando:

– sussistono fondati motivi per ritenere che lo straniero costituisce un pericolo per la sicurezza dello Stato;

– lo straniero costituisce un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica, essendo stato condannato con sentenza definitiva per i reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale (ossia reati particolarmente gravi, quali: terrorismo, associazioni di stampo mafioso, omicidio, ecc.).

Ipotesi differente dallo “status di rifugiato” è il conferimento della protezione sussidiaria, la quale è una forma di protezione internazionale riconosciuta nel caso di:

a) la condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte;

b) la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine;

c) la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

I beneficiari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria hanno una serie di garanzie e diritti espressamente riconosciuti.

Ad esempio, è tutelata l’unità del nucleo familiare.

I familiari che non hanno individualmente diritto allo status di protezione internazionale hanno i medesimi diritti riconosciuti al familiare titolare dello status.

Lo straniero ammesso alla protezione sussidiaria ha diritto al ricongiungimento familiare ai sensi e alle condizioni previste dall’articolo 29 del citato decreto legislativo n. 286 del 1998 (T.U. sull’immigrazione).

Ancora, i titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria hanno diritto di godere del medesimo trattamento previsto per il cittadino italiano in materia di lavoro subordinato, lavoro autonomo, per l’iscrizione agli albi professionali, per la formazione professionale e per il tirocinio sul luogo di lavoro, nonché, è consentito al titolare dello status di rifugiato l’accesso al pubblico impiego, con le modalità e le limitazioni previste per i cittadini dell’Unione europea.

Chiaramente hanno diritto al medesimo trattamento riconosciuto al cittadino italiano in materia di assistenza sociale e sanitaria ed in materia di istruzione.

Il permesso di soggiorno per asilo rilasciato ai titolari dello status di rifugiato ha validità quinquennale, mentre nel caso di protezione sussidiaria è triennale, entrambi  rinnovabili.

Infine, per consentire i viaggi al di fuori del territorio nazionale, la competente questura rilascia ai titolari dello status di rifugiato un documento di viaggio di validità quinquennale.

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