Duro colpo per le licenze esclusive della pay TV: niente limiti territoriali

Tag 21 Novembre 2013  |

 

[massima]

Le licenze delle “pay TV” per le partite di calcio subiscono un brave attacco.

Secondo la Corte Europea, è inammissibile una normativa nazionale che vieti l’importazione, la vendita o l’utilizzazione di schede di decodificazione straniere. Difatti tale disposizione è palesemente contraria alla libera prestazione dei servizi.

Nel caso di specie, trattasi di un pub inglese che per trasmettere le partite di campionato utilizzava la scheda/decoder del mercato greco, in quanto più economiche rispetto a quelle vendute per il mercato inglese.

I Giudici di Lussemburgo affermano che l’attuale sistema di licenze esclusive risulta contrario al diritto della concorrenza dell’Unione. Simili contratti garantiscono una esclusiva territoriale assoluta nella zona della licenza e pertanto eliminano qualsiasi concorrenza tra gli Stati membri.

 

 

[intestaz]

Corte di Giustizia Europea – Sezione Grande

Sentenza 4 ottobre 2011

Nei procedimenti riuniti C‑403/08 e C‑429/08,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, a norma dell’art. 234 CE, dalla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division (Regno Unito) nonché dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Regno Unito), con decisioni 11 e 28 luglio 2008, pervenute in cancelleria, rispettivamente, in data 17 e 29 settembre 2008, nelle cause

Football Association Premier League Ltd,

NetMed Hellas SA,

Multichoice Hellas SA

contro

QC Leisure,

David Richardson,

AV Station plc,

Malcolm Chamberlain,

Michael Madden,

SR Leisure Ltd,

Philip George Charles Houghton,

Derek Owen (C‑403/08)

e

Karen Murphy

contro

Media Protection Services Ltd (C‑429/08)

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.-C. Bonichot, A. Arabadjiev e J.‑J. Kasel, presidenti di sezione, dai sigg. A. Borg Barthet, M. Ilešič, J. Malenovský (relatore) e T. von Danwitz, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 ottobre 2010,

considerate le osservazioni presentate:

– per la Football Association Premier League Ltd, la NetMed Hellas SA e la Multichoice Hellas SA, dai sigg. J. Mellor, QC, N. Green, QC, dalla sig.ra C. May, dal sig. A. Robertson, barristers, dai sigg. S. Levine, M. Pullen e dalla sig.ra R. Hoy, solicitors;

– per la QC Leisure, il sig. M. Richardson, la AV Station plc, i sigg. M. Chamberlain e M. Madden, la SR Leisure Ltd, i sigg. P.G.C. Houghton e D. Owen, dal sig. M. Howe, QC, dai sigg. A. Norris, S. Vousden, T. St Quentin, nonché dalla sig.ra M. Demetriou, barristers, dai sigg. P. Dixon e P. Sutton, solicitors;

– per la sig.ra Murphy, dal sig. M. Howe, QC, dal sig. W. Hunter, QC, dalla sig.ra M. Demetriou, barrister, e dal sig. P. Dixon, solicitor;

– per la Media Protection Services Ltd, dal sig. J. Mellor, QC, dal sig. N. Green, QC, dalla sig.ra H. Davies, QC, dalla sig.ra C. May nonché dai sigg. A. Robertson e P. Cadman, barristers;

– per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra V. Jackson e dal sig. S. Hathaway, in qualità di agenti, assistiti dalla sig.ra J. Stratford, QC;

– per il governo ceco, dalla sig.ra K. Havlíčková, in qualità di agente;

– per il governo spagnolo, dalla sig.ra N. Díaz Abad, in qualità di agente;

– per il governo francese, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra B. Beaupère-Manokha, in qualità di agenti;

– per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal sig. L. D’Ascia, avvocato dello Stato;

– per il Parlamento europeo, dai sigg. J. Rodrigues e L. Visaggio, in qualità di agenti;

– per il Consiglio dell’Unione europea, dal sig. F. Florindo Gijón e dalla sig.ra G. Kimberley, in qualità di agenti;

– per la Commissione europea, dai sigg. X. Lewis, H. Krämer, I.V. Rogalski, J. Bourke, nonché dalla sig.ra J. Samnadda, in qualità di agenti;

– per l’Autorità di vigilanza EFTA, dai sigg. O.J. Einarsson e M. Schneider, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 febbraio 2011,

ha pronunciato la seguente

 

 

[fattoediritto]

Sentenza

1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione

– della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 novembre 1998, 98/84/CE, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (GU L 320, pag. 54; in prosieguo: la «direttiva sull’accesso condizionato»),

– della direttiva del Consiglio 27 settembre 1993, 93/83/CEE, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d’autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo (GU L 248, pag. 15; in prosieguo: la «direttiva sulla radiodiffusione via satellite»),

– della direttiva del Consiglio 3 ottobre 1989, 89/552/CEE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (GU L 298, pag. 23), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 30 giugno 1997, 97/36/CE (GU L 202, pag. 60; in prosieguo: la «direttiva “televisione senza frontiere”»),

– della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (GU L 167, pag. 10; in prosieguo: la «direttiva sul diritto d’autore»),

– nonché degli artt. 34 TFUE, 36 TFUE, 56 TFUE e 101 TFUE.

2 Tali domande sono state proposte nell’ambito di controversie sorte tra la Football Association Premier League Ltd. (in prosieguo: la «FAPL»), la NetMed Hellas SA (in prosieguo: la «NetMed Hellas») e la Multichoice Hellas SA (in prosieguo: la «Multichoice Hellas») (in prosieguo, congiuntamente: la «FAPL e a.»), da un lato, e la QC Leisure, il sig. Richardson, la AV Station plc (in prosieguo: la «AV Station»), i sigg. Chamberlain e Madden, la SR Leisure Ltd, i sigg. Houghton e Owen (in prosieguo, congiuntamente: la «QC Leisure e a.») dall’altro, (causa C‑403/08), nonché tra la sig.ra Murphy e la Media Protection Services Ltd. (in prosieguo: la «MPS») (causa C‑429/08), in merito alla commercializzazione e all’utilizzazione, nel Regno Unito, di dispositivi di decodificazione che danno accesso ai servizi di radiodiffusione via satellite di un ente di radiodiffusione, prodotti e commercializzati con l’autorizzazione di tale ente, ma utilizzati, contro la volontà di quest’ultimo, al di fuori della zona geografica per la quale sono stati forniti (in prosieguo: i «decoder stranieri»).

I – Il contesto normativo

A – La normativa internazionale

3 L’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, che costituisce l’allegato 1 C dell’Accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), firmato a Marrakech il 15 aprile 1994, è stato approvato con decisione del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/800/CE, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986‑1994) (GU L 336, pag. 1).

4 L’art. 9, n. 1, dell’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio così dispone:

«I membri si conformano agli articoli da 1 a 21 della Convenzione di Berna (1971) e al suo annesso. Tuttavia, essi non hanno diritti né obblighi in virtù del presente Accordo in relazione ai diritti conferiti dall’art. 6 bis della medesima Convenzione o ai diritti da esso derivanti».

5 Ai sensi dell’art. 11, primo comma, della Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche (Atto di Parigi del 24 luglio 1971), nella versione risultante dalla modifica del 28 settembre 1979 (in prosieguo: la «Convenzione di Berna»):

«1. Gli autori di opere drammatiche, drammatico‑musicali e musicali hanno il diritto esclusivo di autorizzare:

i) la rappresentazione e l’esecuzione pubbliche delle loro opere, comprese la rappresentazione e l’esecuzione pubbliche con qualsiasi mezzo o procedimento;

ii) la trasmissione pubblica, con qualsiasi mezzo, della rappresentazione e dell’esecuzione delle loro opere».

6 L’art. 11 bis, primo comma, della Convenzione di Berna così recita:

«Gli autori di opere letterarie ed artistiche hanno il diritto esclusivo di autorizzare:

i) la radiodiffusione delle loro opere o la comunicazione al pubblico di esse mediante qualsiasi altro mezzo atto a diffondere senza filo segni, suoni od immagini;

ii) ogni comunicazione al pubblico, con o senza filo, dell’opera radiodiffusa, quando tale comunicazione sia eseguita da un ente diverso da quello originario;

iii) la comunicazione al pubblico, mediante altoparlante o qualsiasi altro analogo strumento trasmettitore di segni, suoni od immagini, dell’opera radiodiffusa».

7 L’Organizzazione mondiale sulla proprietà intellettuale (OMPI) ha adottato a Ginevra, il 20 dicembre 1996, il trattato dell’OMPI sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi (in prosieguo: il «Trattato sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi») nonché il Trattato dell’OMPI sul diritto d’autore (in prosieguo: il «Trattato sul diritto d’autore»). Questi due trattati sono stati approvati a nome della Comunità con la decisione del Consiglio 16 marzo 2000, 2000/278/CE (GU L 89, pag. 6).

8 A termini dell’art. 2, lett. g), del Trattato sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi:

«Ai sensi del presente trattato, si intende per:

(…)

g) “comunicazione al pubblico” di un’esecuzione o di un fonogramma, la trasmissione al pubblico mediante qualunque mezzo diverso dalla radiodiffusione, dei suoni di una esecuzione ovvero dei suoni o di una rappresentazione di suoni fissati in un fonogramma. Ai sensi dell’articolo 15, si intende per “comunicazione al pubblico” anche l’atto di rendere udibili al pubblico i suoni o la rappresentazione di suoni fissati in un fonogramma».

9 Il successivo art. 15, n. 1, così dispone:

«Quando un fonogramma pubblicato a fini di commercio è utilizzato direttamente o indirettamente per la radiodiffusione o per una qualunque comunicazione al pubblico, gli artisti interpreti o esecutori e i produttori di fonogrammi hanno diritto a un compenso equo e unico».

10 Il Trattato sul diritto d’autore prevede, all’art. 1, n. 4, che le parti contraenti devono conformarsi agli artt. 1‑21 nonché all’allegato della Convenzione di Berna.

B – La normativa dell’Unione

1. Le direttive in materia di radiodiffusione

11 Il terzo ‘considerando’ della direttiva «televisione senza frontiere» così recita:

«(…) le trasmissioni transfrontaliere diffuse con le diverse tecnologie costituiscono un mezzo per il conseguimento degli obiettivi della Comunità[;] (…) si devono adottare misure che assicurino il passaggio dai mercati nazionali ad un mercato comune della produzione e distribuzione dei programmi e creino condizioni di concorrenza leale, senza pregiudicare la funzione di pubblico interesse che compete ai servizi televisivi».

12 A termini del ventunesimo ‘considerando’ della direttiva 97/36:

«(…) ai fini della presente direttiva, gli eventi di particolare rilevanza per la società devono rispondere a determinati criteri, ossia essere eventi di straordinaria importanza che presentano interesse per il pubblico in generale nell’Unione europea o in un determinato Stato membro o in una parte […] significativa di uno Stato membro e sono organizzati in anticipo da un organizzatore legittimato a vendere i diritti relativi a tali eventi».

13 I ‘considerando’ terzo, quinto, settimo, quattordicesimo, quindicesimo e diciassettesimo della direttiva sulla radiodiffusione via satellite così recitano:

«(3) (…) la diffusione di programmi oltre frontiera all’interno della Comunità, effettuata in particolare via satellite e via cavo, rappresenta uno dei principali mezzi per il conseguimento [degli] obiettivi della Comunità che sono al tempo stesso di ordine politico, economico, sociale, culturale e giuridico;

(…)

(5) i titolari dei diritti sono quindi esposti al rischio che le loro opere vengano utilizzate senza compenso o che ne venga bloccata l’utilizzazione in alcuni Stati membri ad opera di singoli titolari dei diritti di esclusiva; (…) tale incertezza normativa rappresenta un ostacolo diretto alla libera circolazione dei programmi all’interno della Comunità;

(…)

(7) (…) la libera diffusione di programmi risulta ulteriormente ostacolata dalle incertezze che sussistono attualmente sul piano giuridico in relazione alla necessità di stabilire se, per la diffusione di programmi via satellite i cui segnali possono essere ricevuti direttamente, i diritti debbano essere acquisiti esclusivamente nel paese di emissione oppure se debbano essere acquisiti in tutti i paesi in cui avviene la ricezione; (…)

(…)

(14) (…) l’incertezza giuridica esistente in relazione ai diritti di acquisire, che ostacola la diffusione transnazionale di programmi via satellite, dovrà essere eliminata attraverso la definizione del concetto di comunicazione al pubblico via satellite all’interno della Comunità; (…) questa definizione preciserà anche quale sia il luogo in cui avviene l’atto di comunicazione; (…) tale definizione è necessaria al fine di evitare che a un solo atto di radiodiffusione vengano cumulativamente applicate più leggi nazionali; (…)

(15) (…) l’acquisto in via contrattuale dei diritti di esclusiva sulle emissioni di radiodiffusione deve avvenire nell’osservanza della normativa sul diritto d’autore e i diritti connessi vigente nello Stato membro in cui ha luogo la comunicazione al pubblico via satellite;

(…)

(17) (…) all’atto dell’acquisto dei diritti le parti devono tener conto, ai fini della determinazione del compenso, di tutti gli aspetti dell’emissione di radiodiffusione, quali il numero effettivo e il numero potenziale dei telespettatori e la versione linguistica dell’emissione».

14 A termini dell’art. 1, n. 2, lett. a-c), della direttiva medesima:

«a) Ai fini della presente direttiva, “comunicazione al pubblico via satellite” è l’atto di inserire, sotto il controllo e la responsabilità dell’organismo di radiodiffusione, i segnali portatori di programmi destinati ad essere ricevuti dal pubblico in una sequenza ininterrotta di comunicazione diretta al satellite e poi a terra.

b) La comunicazione al pubblico via satellite si configura unicamente nello Stato membro in cui, sotto il controllo e la responsabilità dell’organismo di radiodiffusione, i segnali portatori di programmi sono inseriti in una sequenza ininterrotta di comunicazione diretta al satellite e poi a terra.

c) Qualora i segnali portatori di programmi siano diffusi in forma criptata, vi è comunicazione al pubblico via satellite a condizione che i mezzi per la decriptazione della trasmissione siano messi a disposizione del pubblico a cura dell’organismo di radiodiffusione stesso o di terzi con il suo consenso».

15 L’art. 2 della direttiva sulla radiodiffusione via satellite così dispone:

«In conformità delle disposizioni del presente capo, gli Stati membri riconoscono all’autore il diritto esclusivo di autorizzare la comunicazione al pubblico via satellite di opere protette dal diritto d’autore».

16 I ‘considerando’ secondo, terzo, sesto e tredicesimo della direttiva sull’accesso condizionato così recitano:

«(2) (…) la prestazione transfrontaliera di servizi di radiodiffusione e dei servizi della società dell’informazione può contribuire, a livello individuale, alla piena attuazione della libertà d’espressione in quanto diritto fondamentale e, a livello collettivo, al raggiungimento degli obiettivi definiti nel trattato;

(3) (…) il trattato prevede la libera circolazione di tutti i servizi normalmente forniti dietro retribuzione; (…) questo diritto, applicato ai servizi di radiodiffusione e ai servizi della società dell’informazione, costituisce inoltre una traduzione specifica nel diritto comunitario del più generale principio della libertà di espressione sancito dall’articolo 10 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; (…) questo articolo riconosce esplicitamente il diritto dei cittadini di ricevere o di comunicare informazioni senza tener conto delle frontiere e (…) eventuali restrizioni di tale diritto si giustificano solo se determinate da altri interessi giuridicamente riconosciuti degni di tutela;

(…)

(6) (…) le opportunità dischiuse dalle tecnologie digitali potrebbero ampliare le possibilità di scelta dei consumatori e contribuire al pluralismo culturale grazie alla creazione di una gamma ancora più ampia di servizi ai sensi degli articoli [56 TFUE e 57 TFUE]; (…) la redditività di questi servizi dipende spesso dal ricorso a tecniche di accesso condizionato al fine di garantire la remunerazione del prestatore del servizio; (…) risulta pertanto necessario, per assicurare la redditività di tali servizi, la protezione giuridica dei prestatori di servizi contro i dispositivi illeciti che consentono l’accesso senza pagamento del servizio;

(…)

(13) (…) appare necessario far sì che gli Stati membri forniscano un’adeguata tutela giuridica contro l’immissione sul mercato, ai fini di un profitto economico diretto o indiretto, di un dispositivo illecito che renda possibile o facile eludere, senza esservi autorizzato, qualsiasi misura tecnologica a protezione della remunerazione di un servizio fornito in modo lecito».

17 L’art. 2 della direttiva medesima così dispone:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a) “servizio protetto”, uno dei servizi seguenti laddove sia fornito a pagamento e mediante un sistema di accesso condizionato:

– trasmissioni televisive, ai sensi dell’articolo 1, lett. a), della [direttiva “televisione senza frontiere”],

– (…)

b) “accesso condizionato”, misure e/o sistemi tecnici in base ai quali l’accesso in forma intelligibile al servizio protetto sia subordinato a preventiva autorizzazione individuale;

c) “dispositivo per l’accesso condizionato”, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di consentire l’accesso in forma intelligibile ad un servizio protetto;

(…)

e) “dispositivo illecito”, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l’autorizzazione del prestatore del servizio;

f) “settore coordinato dalla presente direttiva”, quello disciplinato da qualunque disposizione concernente le attività illecite di cui all’articolo 4».

18 Ai sensi del successivo art. 3:

«1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie a vietare sul loro territorio le attività di cui all’articolo 4 ed a prevedere le sanzioni e i mezzi di tutela di cui all’articolo 5.

2. Salvo il disposto del paragrafo 1, gli Stati membri non possono:

a) limitare la prestazione di servizi protetti o di servizi connessi aventi origine in un altro Stato membro; oppure

b) limitare la libera circolazione dei dispositivi per l’accesso condizionato, per motivi rientranti nel settore coordinato dalla presente direttiva».

19 Il successivo art. 4 dispone quanto segue:

«Gli Stati membri vietano sul loro territorio le seguenti attività:

a) la fabbricazione, l’importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio o il possesso a fini commerciali di dispositivi illeciti;

b) l’installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali di dispositivi illeciti;

c) l’impiego di comunicazioni commerciali per promuovere dispositivi illeciti».

2. Le direttive in materia di proprietà intellettuale

20 La direttiva sul diritto d’autore afferma, ai ‘considerando’ nono, decimo, quindicesimo, ventesimo, ventitreesimo, trentunesimo, nonché trentatreesimo, quanto segue:

«(9) Ogni armonizzazione del diritto d’autore e dei diritti connessi dovrebbe prendere le mosse da un alto livello di protezione, dal momento che tali diritti sono essenziali per la creazione intellettuale (…)

(10) Per continuare la loro attività creativa e artistica, gli autori e gli interpreti o esecutori debbono ricevere un adeguato compenso per l’utilizzo delle loro opere (…)

(…)

(15) (…) La presente direttiva serve (…) ad attuare una serie [dei] nuovi obblighi internazionali [che scaturiscono dal Trattato sul diritto d’autore e dal Trattato sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi].

(…)

(20) La presente direttiva si basa su principi e regole già definiti dalle direttive in vigore [nel campo della proprietà intellettuale] [in particolare, dalla direttiva del Consiglio 19 novembre 1992, 92/100/CE, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale (GU L 346, pag. 61)] e sviluppa detti principi e regole e li integra nella prospettiva della società dell’informazione. Le disposizioni della presente direttiva devono lasciare impregiudicate le disposizioni di dette direttive, salvo quanto diversamente previsto nella presente direttiva.

(…)

(23) La presente direttiva dovrebbe armonizzare ulteriormente il diritto d’autore applicabile alla comunicazione di opere al pubblico. Tale diritto deve essere inteso in senso lato in quanto concernente tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine. Detto diritto dovrebbe comprendere qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un’opera al pubblico, su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione, e non altri atti.

(…)

(31) Deve essere garantito un giusto equilibrio tra i diritti e gli interessi delle varie categorie di titolari nonché tra quelli dei vari titolari e quelli degli utenti dei materiali protetti. (…)

(…)

(33) Si dovrebbe prevedere un’eccezione al diritto esclusivo di riproduzione per consentire taluni atti di riproduzione temporanea, che sono riproduzioni transitorie o accessorie, le quali formano parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico e effettuate all’unico scopo di consentire la trasmissione efficace in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario o l’utilizzo legittimo di un’opera o di altri materiali. Gli atti di riproduzione in questione non dovrebbero avere un proprio valore economico distinto. [Sempreché] siano soddisfatte queste condizioni, tale eccezione include atti che facilitano la navigazione in rete e la realizzazione di copie “cache”, compresi gli atti che facilitano l’effettivo funzionamento dei sistemi di trasmissione, purché l’intermediario non modifichi le informazioni e non interferisca con l’uso lecito di tecnologia ampiamente riconosciuta e utilizzata nel settore per ottenere dati sull’impiego delle informazioni. L’utilizzo è da considerare legittimo se è autorizzato dal titolare del diritto o non è limitato dalla legge».

21 Ai sensi dell’art. 2, lett. a) ed e), della direttiva medesima:

«Gli Stati membri riconoscono ai soggetti sotto elencati il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte:

a) agli autori, per quanto riguarda le loro opere;

(…)

e) agli organismi di diffusione radiotelevisiva, per quanto riguarda le fissazioni delle loro trasmissioni, siano esse effettuate su filo o via etere, comprese le trasmissioni via cavo o via satellite».

22 Il successivo art. 3, n. 1, così dispone:

«Gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente».

23 A termini del successivo art. 5:

«1. Sono esentati dal diritto di riproduzione di cui all’articolo 2 gli atti di riproduzione temporanea di cui all’articolo 2 privi di rilievo economico proprio che sono transitori o accessori, e parte integrante e essenziale di un procedimento tecnologico, eseguiti all’unico scopo di consentire:

a) la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario o

b) un utilizzo legittimo

di un’opera o di altri materiali.

(…)

3. Gli Stati membri hanno la facoltà di disporre eccezioni o limitazioni ai diritti di cui agli articoli 2 e 3 nei casi seguenti:

(…)

i) in caso di inclusione occasionale di opere o materiali di altro tipo in altri materiali;

(…)

5. Le eccezioni e limitazioni di cui ai paragrafi 1, 2, 3 e 4 sono applicate esclusivamente in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare».

24 A termini del quinto ‘considerando’ della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 dicembre 2006, 2006/115/CE, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale (versione codificata) (GU L 376, pag. 28, in prosieguo: la «direttiva sui diritti connessi»):

«Le opere creative e artistiche degli autori e degli artisti interpreti o esecutori richiedono la percezione di un reddito adeguato quale base per l’ulteriore attività creativa e artistica, e gli investimenti occorrenti, segnatamente per la produzione di fonogrammi e pellicole, sono particolarmente rischiosi ed elevati.(…)».

25 Ai sensi dell’art. 7, n. 2, di detta direttiva, gli Stati membri riconoscono agli enti di radiodiffusione il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la fissazione delle loro emissioni, siano esse trasmesse su filo o via etere, incluse le emissioni via cavo o via satellite.

26 A termini del successivo art. 8, n. 3,:

«Gli Stati membri riconoscono agli organismi di radiodiffusione il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la ritrasmissione via etere delle loro emissioni, nonché la loro comunicazione al pubblico se questa comunicazione avviene in luoghi accessibili al pubblico mediante pagamento di un diritto d’ingresso».

27 Il quinto ‘considerando’ e gli artt. 7, n. 2, e 8, n. 3, della direttiva sui diritti connessi ricalcano, sostanzialmente, il settimo ‘considerando’ e gli artt. 6, n. 2, e 8, n. 3, della direttiva 92/100.

C – La normativa nazionale

28 A termini dell’art. 297, n. 1, della legge del 1988 in materia di diritto d’autore, modelli e brevetti (Copyright, Designs and Patents Act 1988; in prosieguo: la «legge in materia di diritto d’autore, modelli e brevetti»):

«Una persona che riceva in modo fraudolento un programma facente parte di un servizio di radiodiffusione fornito da una località nel Regno Unito, con l’intento di evitare il pagamento dei diritti applicabili alla ricezione del programma, commette un reato e potrà essere condannato con procedimento sommario ad una multa non superiore al quinto livello della tabella di riferimento».

29 Il successivo art. 298 così recita:

«1. Colui che

a) chieda il pagamento di diritti ai fini della ricezione di programmi contenuti in servizi televisivi forniti da un luogo sito nel Regno Unito o in altro Stato membro, ovvero

b) emetta trasmissioni criptate di qualsiasi altro genere da un luogo sito nel Regno Unito o in altro Stato membro,

(…)

beneficia dei seguenti diritti e strumenti di tutela.

2. Dispone degli stessi diritti e strumenti di tutela rispetto a

a) colui che

i) fabbrichi, importi, distribuisca, venda o noleggi, offra o esponga alla vendita o al noleggio, ovvero pubblicizzi ai fini della vendita o del noleggio,

ii) detenga a fini commerciali, o

iii) istalli, manutenga o sostituisca a fini commerciali,

qualsiasi apparecchio concepito o adattato per consentire a persone l’accesso a programmi o altre trasmissioni o per loro fornire assistenza a tal fine ovvero per aggirare la tecnologia di accesso condizionato connesso ai programmi o a altre trasmissioni qualora esse non siano autorizzate, (…)

(…)

di cui dispone il titolare di diritti d’autore a fronte di una violazione del diritto d’autore.

(…)»

II – I procedimenti principali e le questioni pregiudiziali

30 La FAPL gestisce la «Premier League», principale campionato di calcio professionistico per società calcistiche stabilite in Inghilterra.

31 Le attività della FAPL comprendono, in particolare, l’organizzazione del calendario degli incontri della «Premier League» e la gestione, per quanto riguarda detti incontri, dei diritti di diffusione televisiva, vale a dire dei diritti di messa a disposizione del pubblico del contenuto audiovisivo degli incontri sportivi per mezzo di diffusione televisiva (in prosieguo: i «diritti di diffusione»).

A – La concessione in licenza dei diritti di diffusione degli incontri della «Premier League»

32 La FAPL procede alla concessione in licenza di tali diritti di diffusione, in diretta, su base territoriale e per periodi triennali. A tal riguardo, la strategia perseguita dalla FAPL consiste nell’offrire ai telespettatori del mondo intero la visione del proprio campionato, massimizzando in tal modo il valore dei diritti stessi a favore delle società ad essa aderenti.

33 Tali diritti vengono quindi concessi agli enti di radiodiffusione televisiva per mezzo di una procedura di gara aperta che inizia con l’invito a presentare offerte su base mondiale, regionale, ovvero zona per zona. La domanda determina quindi la base territoriale sulla quale la FAPL cede i propri diritti internazionali. Tuttavia, in linea di principio, tale base è nazionale, considerato che esiste solamente una domanda limitata, da parte delle imprese offerenti, per i diritti mondiali o paneuropei, in quanto gli enti radiotelevisivi funzionano abitualmente su base territoriale ed alimentano il mercato interno o nel rispettivo paese o in un piccolo gruppo di paesi limitrofi di lingua comune.

34 All’impresa offerente che acquisti, per una determinata zona, un pacchetto («bouquet») di diritti di diffusione in diretta degli incontri della «Premier League», viene concesso il diritto esclusivo di diffusione radiotelevisiva in tale zona. Ciò sarebbe necessario, ad avviso della FAPL, per realizzare il valore commerciale ottimale di tutti i detti diritti, tenuto conto che gli enti radiotelevisivi sono disposti a versare un supplemento per acquistare tale esclusività, che è quella che consente loro di distinguere i loro servizi da quelli forniti dai concorrenti e di accrescere in tal modo la propria redditività.

35 Orbene, al fine di proteggere l’esclusività territoriale di tutti gli enti di radiodiffusione, ognuno di essi si impegna, nel proprio accordo di licenza con la FAPL, ad impedire al pubblico la ricezione delle proprie emissioni al di fuori della zona per la quale detiene la rispettiva licenza. Ciò presuppone, da un lato, che ogni ente faccia in modo che tutte le proprie emissioni che possono essere captate al di fuori di tale territorio – in particolare quelle emesse via satellite – vengano criptate in modo assolutamente sicuro e non possano essere captate in modo non criptato. Dall’altro, gli enti radiotelevisivi devono assicurarsi che nessun dispositivo venga scientemente autorizzato al fine di consentire a qualsivoglia soggetto la visione delle loro trasmissioni al di fuori del territorio interessato. Conseguentemente, a detti enti viene vietato di fornire dispositivi di decodificazione che consentano di decriptare le loro trasmissioni ai fini della loro utilizzazione al di fuori del territorio per il quale detengono la licenza.

B – La trasmissione televisiva degli incontri della «Premier League»

36 Nell’ambito delle proprie attività, la FAPL è parimenti incaricata di provvedere all’organizzazione del calendario degli incontri della «Premier League» e della trasmissione del segnale televisivo agli enti detentori del diritto di trasmissione.

37 A tal fine, le immagini e i rumori di sottofondo catturati in occasione dell’incontro vengono trasmessi ad un’unità di produzione che aggiunge i logo, le sequenze video, le soluzioni grafiche sullo schermo, la musica ed il commento in lingua inglese.

38 Il segnale viene quindi inviato, via satellite, ad un ente di radiodiffusione televisiva che aggiunge il proprio logo e, eventualmente, i propri commenti. Il segnale viene poi compresso e criptato, quindi trasmesso via satellite agli abbonati che lo ricevono per mezzo di un’antenna parabolica. Il segnale viene infine decriptato e decompresso in un decodificatore satellitare che necessita, ai fini del funzionamento, di un dispositivo di decodificazione quale una scheda di decodificazione.

39 In Grecia, il titolare della sublicenza di trasmissione televisiva degli incontri della «Premier League» è la NetMed Hellas. Gli incontri vengono teletrasmessi via satellite sui canali «SuperSport» della piattaforma «NOVA» il cui proprietario e gestore è la Multichoice Hellas.

40 I telespettatori abbonati al bouquet satellitare della NOVA possono accedere a tali canali. Ogni abbonato dev’essere stato in grado di fornire un nominativo nonché un recapito ed un numero di telefono in Grecia. Tale abbonamento può essere sottoscritto a fini sia privati sia commerciali.

41 Nel Regno Unito, all’epoca dei fatti nelle cause principali, il titolare esclusivo dei diritti di licenza per la radiodiffusione in diretta della «Premier League» era la BSkyB Ltd. Nel caso in cui una persona fisica o giuridica intenda diffondere nel Regno Unito gli incontri della «Premier League», può sottoscrivere un abbonamento commerciale presso tale società.

42 Tuttavia, taluni centri di ristorazione hanno iniziato, nel Regno Unito, ad utilizzare, al fine di accedere agli incontri della «Premier League», dispositivi di decodificazione stranieri. Essi acquistano presso un distributore una scheda ed un apparecchio di decodificazione che consentono la ricezione di un canale satellitare diffuso in un altro Stato membro, quali i canali della NOVA, il cui abbonamento è più conveniente rispetto all’abbonamento della BSkyB Ltd. Tali schede di decodificazione sono state prodotte e commercializzate con l’autorizzazione del prestatore dei servizi, ma sono state successivamente utilizzate in modo non autorizzato, in quanto gli enti di radiodiffusione hanno subordinato la loro cessione alla condizione – ai sensi degli impegni indicati supra al punto 35 – che i clienti non utilizzino tali schede al di fuori del territorio nazionale interessato.

43 La FAPL ritiene che tali attività siano pregiudizievoli ai propri interessi, in quanto pregiudicherebbero l’esclusività dei diritti concessi in base a licenza su un territorio determinato e, conseguentemente, il valore dei diritti medesimi. Infatti, l’ente di radiodiffusione televisiva che vende le schede di decodificazione a prezzo più conveniente disporrebbe del potenziale per divenire, in pratica, l’ente di radiodiffusione televisiva su scala europea, il che produrrebbe la conseguenza che i diritti di radiodiffusione nell’Unione europea dovrebbero essere concessi su scala europea. Ciò implicherebbe una rilevante perdita di introiti tanto per la FAPL quanto per gli enti di radiodiffusione televisiva, riducendo in tal modo le fonti di redditività dei servizi da essi forniti.

44 Conseguentemente, la FAPL e altri hanno avviato, nel procedimento C‑403/08, quelle che esse considerano tre cause pilota dinanzi la High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division (Intellectual Property). Di queste, due azioni riguardano la QC Leisure, il sig. Richardson, la AV Station ed il sig. Chamberlain, i quali forniscono, in bar-ristoranti, materiale e schede di decodificazione satellitare che consentono la ricezione dei programmi di radiodiffusione stranieri, tra cui la NOVA, che trasmettono gli incontri di «Premier League» in diretta.

45 La terza azione è rivolta contro il sig. Maden, la SR Leisure Ltd, nonché i sigg. Houghton e Owen, fornitori di bevande o gestori di quattro bar-ristoranti in cui sono stati proiettati incontri di «Premier League» in diretta utilizzando un dispositivo di decodificazione straniero.

46 La FAPL e a. sostengono che tali soggetti violano i loro diritti protetti dall’art. 298 della legge in materia di diritto d’autore, modelli e brevetti in quanto effettuano operazioni commerciali ovvero, come nel caso dei tre convenuti nel terzo procedimento, in quanto detengono a fini commerciali dispositivi di decodificazione stranieri concepiti o adattati per consentire l’accesso ai servizi della FAPL e a. senza autorizzazione.

47 Inoltre, i convenuti nel terzo procedimento violerebbero i diritti d’autore degli attori creando copie di opere nell’ambito del funzionamento interno del decodificatore satellitare e riproducendo le opere sullo schermo nonché eseguendo, diffondendo o mostrando le opere in pubblico e comunicandole al medesimo.

48 Inoltre, la QC Leisure e la AV Station violerebbero i diritti d’autore per aver autorizzato le azioni compiute dai tre convenuti nel terzo procedimento nonché da altri soggetti ai quali hanno fornito schede di decodificazione.

49 A parere della QC Leisure e a., le azioni sono infondate, in quanto non vengono utilizzate schede di decodificazione pirata, atteso che tutte le schede interessate sono state distribuite ed immesse sul mercato, in un altro Stato membro, dall’ente di radiodiffusione televisiva satellitare interessato.

50 Nel procedimento C‑429/08, la sig.ra Murphy, gestore di un bar-ristorante, si è procurata una scheda di decodificazione NOVA per proiettare incontri della «Premier League».

51 Gli agenti della MPS, ente incaricato dalla FAPL per avviare una campagna di procedimenti penali nei confronti dei gestori dei bar-ristoranti che utilizzino dispositivi di decodificazione stranieri, rilevavano che la sig.ra Murphy riceveva, nel proprio bar-ristorante, le trasmissioni degli incontri della «Premier League» effettuate dalla NOVA.

52 Conseguentemente, la MPS denunciava la sig.ra Murphy dinanzi alla Portsmouth Magistrates’ Court che condannava la medesima per due reati ai sensi dell’art. 297, n. 1, della legge in materia di diritto d’autore, modelli e brevetti, per aver essa captato, in modo fraudolento, un programma contenuto in un servizio di radiodiffusione fornito da un luogo al di fuori del Regno Unito, con l’intento di evitare il pagamento di qualsivoglia corrispettivo connesso alla ricezione dei programmi trasmessi.

53 La sig.ra Murphy, a seguito del sostanziale rigetto, da parte della Portsmouth Crown Court, dell’appello proposto contro la condanna, presentava ricorso dinanzi alla High Court of Justice, sostenendo tesi analoghe a quelle esposte dalla QC Leisure e a.

54 Ciò premesso, la High Court of Justice (England and Wales), Chancery Division (Intellectual Property), decideva, nel procedimento C‑403/08, di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) a) Se, nel caso in cui un dispositivo di accesso condizionato venga elaborato da o col consenso di un prestatore del servizio e venduto subordinatamente ad un’autorizzazione limitata ad utilizzare il dispositivo solo per ottenere l’accesso al servizio protetto in circostanze particolari, tale dispositivo diventi un “dispositivo illecito” ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva [sull’accesso condizionato], qualora esso venga usato per dare accesso a questo servizio protetto in un luogo o in un modo o da parte di un soggetto al di fuori dell’autorizzazione del prestatore del servizio.

b) Cosa si intenda per «concepiti o adattati» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva.

2) Nel caso in cui un primo prestatore del servizio trasmetta il contenuto di un programma in forma codificata a un secondo prestatore del servizio il quale ritrasmetta tale contenuto mediante un sistema di accesso condizionato, quali elementi debbano essere presi in considerazione nel determinare se gli interessi del primo prestatore di un servizio protetto vengano pregiudicati, ai sensi dell’art. 5 della [direttiva sull’accesso condizionato].

In particolare:

nel caso in cui una prima impresa trasmetta il contenuto di un programma (compreso immagini, rumori di sottofondo e commento in inglese) sotto forma codificata ad una seconda impresa la quale a sua volta ritrasmetta al pubblico il contenuto del programma (al quale abbia aggiunto il suo logo e, eventualmente, un commento audio aggiuntivo):

a) se la trasmissione da parte della prima impresa costituisca un servizio protetto di “trasmissioni televisive” ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva [sull’accesso condizionato] e dell’art. 1, lett. a), della direttiva [“televisione senza frontiere”];

b) se sia necessario che la prima impresa sia un’emittente ai sensi dell’art. 1, lett. b), della direttiva [“televisione senza frontiere”] affinché si possa considerare che fornisca un servizio protetto di “trasmissioni televisive” ai sensi del primo trattino dell’art. 2, lett. a), della direttiva [sull’accesso condizionato];

c) se l’art. 5 della direttiva [sull’accesso condizionato] debba essere interpretato nel senso che conferisca alla prima impresa la legittimazione ad agire relativamente al dispositivo illecito che dà accesso al programma come ritrasmesso dalla seconda impresa, o:

i) perché si deve ritenere che tale dispositivo dia accesso attraverso il segnale di trasmissione al servizio proprio della prima impresa; o

ii) perché la prima impresa è il prestatore di un servizio protetto i cui interessi sono pregiudicati da un’attività illecita (in quanto tali dispositivi conferiscono un accesso non autorizzato al servizio protetto fornito dalla seconda impresa).

d) se sulla soluzione della questione c) incida il fatto che il primo e il secondo prestatore del servizio usino differenti sistemi di decodificazione e dispositivi di accesso condizionati differenti.

3) Se il “possesso a fini commerciali” di cui all’art. 4, lett. a), della direttiva [sull’accesso condizionato] si riferisca solo al possesso finalizzato al commercio (ad esempio, la vendita) di dispositivi illeciti, o si estenda al possesso di un dispositivo da parte di un utilizzatore finale nel corso di un’attività di qualsiasi tipo.

4) Nel caso in cui frammenti sequenziali di un film, di un’opera musicale o di una registrazione sonora (nella specie, composizioni di audio e video digitali) vengano creati i) all’interno della memoria di un decodificatore o ii) nel caso di un film su uno schermo televisivo, e l’intera opera venga riprodotta, qualora i frammenti sequenziali vengano considerati nel loro insieme ma solo un numero limitato di frammenti sussista contemporaneamente in un dato momento:

a) se la questione intesa ad accertare se tali opere siano state riprodotte in tutto o in parte debba essere risolta in base alle norme del diritto d’autore nazionale relative a cosa costituisca un’illecita riproduzione di un’opera tutelata dal diritto d’autore, o se dipenda dall’interpretazione dell’art. 2 della direttiva [sul diritto d’autore].

b) qualora dipenda dall’interpretazione dell’art. 2 della direttiva [sul diritto d’autore], se il giudice nazionale debba prendere in considerazione tutti i frammenti di ciascuna opera nella sua totalità o solo il numero limitato di frammenti che esistono contemporaneamente. In quest’ultimo caso, a quale test il giudice nazionale debba sottoporre la questione intesa ad accertare se le opere siano state riprodotte parzialmente ai sensi di tale articolo.

c) se il diritto di riproduzione di cui al detto art. 2 si estenda alla creazione di immagini transitorie su uno schermo televisivo.

5) a) Se si debba ritenere che copie transitorie di un’opera create all’interno di un decodificatore televisivo satellitare o su uno schermo televisivo collegato al decodificatore, e il cui unico intento sia di consentire un uso dell’opera non altrimenti limitato dalla legge, abbiano un “rilievo economico proprio” ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva [sul diritto d’autore] per il fatto che tali copie forniscano l’unica base dalla quale il titolare dei diritti possa derivare un compenso per l’uso dei suoi diritti.

b) Se sulla soluzione della questione 5 a) incida il fatto che i) le copie transitorie abbiano un valore intrinseco; o ii) le copie transitorie comprendano una piccola parte di una raccolta di opere e/o di altri materiali che altrimenti potrebbero essere usati senza violare il diritto d’autore; o iii) il licenziatario esclusivo del titolare dei diritti in un altro Stato membro abbia già ricevuto un compenso per l’uso dell’opera in tale Stato membro.

6) a) Se un’opera tutelata dal diritto d’autore venga comunicata al pubblico su filo o senza filo ai sensi dell’art. 3 della direttiva [sul diritto d’autore], qualora una trasmissione satellitare venga ricevuta in locali commerciali (ad esempio, un bar) e comunicata o mostrata in quei locali mediante un singolo schermo televisivo e altoparlanti al pubblico ivi presente.

b) Se sulla soluzione della questione 6 a) incida il fatto che:

i) il pubblico presente costituisca un nuovo pubblico non contemplato dall’emittente (in questo caso perché una scheda di decodificazione nazionale che deve essere utilizzata in uno Stato membro viene utilizzata per un ascolto commerciale in un altro Stato membro);

ii) il pubblico non costituisca un pubblico pagante in base al diritto nazionale;

iii) il segnale televisivo venga ricevuto da un’antenna o da un ricevitore satellitare sul tetto dei locali dove si trova il televisore o nelle loro adiacenze.

c) In caso di soluzione affermativa di uno dei quesiti b), quali elementi debbano essere presi in considerazione nel determinare se vi sia una comunicazione dell’opera che ha avuto origine da un luogo in cui il pubblico non è presente.

7) Se sia compatibile con la direttiva [sulla radiodiffusione via satellite] o con gli artt. 28 CE, 30 CE o 49 CE il fatto che la normativa nazionale in materia di diritto d’autore preveda che, qualora copie transitorie di opere inserite in una trasmissione via satellite vengano create all’interno di un decodificatore satellitare o su uno schermo televisivo, sussista una violazione del diritto d’autore in base alla normativa del paese di ricezione della trasmissione. Se abbia un’incidenza il fatto che la trasmissione venga decodificata mediante una scheda di decodificazione satellitare rilasciata dal prestatore di un servizio di trasmissione via satellite in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione che la scheda di decodificazione satellitare venga autorizzata solo perché sia usata in tale altro Stato membro.

8) a) Nel caso in cui la soluzione della questione 1 sia nel senso che un dispositivo per l’accesso condizionato elaborato dal prestatore del servizio o con il suo consenso divenga un “dispositivo illecito” ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva [sull’accesso condizionato] allorché venga usato al di là dell’autorizzazione concessa dal prestatore del servizio a dare accesso ad un servizio protetto, quale sia l’oggetto specifico del diritto con il riferimento alla sua funzione essenziale conferita dalla direttiva sull’accesso condizionato.

b) Se gli artt. 28 CE o 49 CE si oppongano all’esecuzione di una disposizione del diritto nazionale in un primo Stato membro che renda illecita l’importazione o la vendita di una scheda di decodificazione satellitare rilasciata dal prestatore di un servizio di trasmissione via satellite in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione che la carta di decodificazione satellitare venga autorizzata solo affinché sia usata in tale altro Stato membro.

c) Se sulla soluzione di tale questione incida il fatto che la scheda di decodificazione satellitare sia autorizzata solo per uso privato e nazionale in questo altro Stato membro ma venga utilizzata per fini commerciali nel primo Stato membro.

9) Se gli artt. 28 CE e 30 CE o 49 CE ostino all’attuazione di una disposizione della normativa nazionale in materia di diritto d’autore che renda illecito eseguire o rappresentare in pubblico un’opera musicale allorché tale opera sia inserita in un servizio protetto cui sia consentito l’accesso – e che [l’opera] venga rappresentata in pubblico – mediante una scheda di decodificazione satellitare allorché tale scheda sia stata emessa dal prestatore del servizio in un altro Stato membro subordinatamente alla condizione che la scheda di decodificazione venga autorizzata solo affinché sia usata in tale altro Stato membro. Se abbia una certa incidenza il fatto che l’opera musicale sia un elemento irrilevante del servizio complessivamente protetto e il diritto nazionale d’autore non si opponga alla rappresentazione e all’esecuzione in pubblico degli altri elementi del servizio.

10) Allorché un fornitore di contenuti di un programma rilasci una serie di licenze esclusive ciascuna per il territorio di uno o più Stati membri in base alle quali l’emittente sia autorizzato a trasmettere il contenuto del programma solo nell’ambito di tale territorio (compresa la trasmissione via satellite) e in ogni licenza sia contenuto un obbligo contrattuale in base al quale l’emittente debba evitare che le sue schede di decodificazione satellitare, che consentono la ricezione dei programmi oggetto di licenza, vengano usate al di fuori del territorio cui si riferisce la licenza, quale criterio giuridico debba applicare il giudice nazionale e quali circostanze debba prendere in considerazione nel decidere se la restrizione contrattuale sia incompatibile con il divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE.

In particolare:

a) se l’art. 81, n. 1, CE debba essere interpretato nel senso che si applichi a tale obbligo per il solo motivo che debba ritenersi che esso abbia per oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza;

b) in tal caso, se si debba anche dimostrare che l’obbligo contrattuale per poter ricadere nel divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE impedisca, restringa o falsi considerevolmente il gioco della concorrenza».

55 Nel procedimento C‑429/08, la High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) decideva di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

1) Quali siano le circostanze in cui un dispositivo per l’accesso condizionato costituisca un “dispositivo illecito” ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva [sull’accesso condizionato].

2) In particolare, se un dispositivo per l’accesso condizionato costituisca un “dispositivo illecito” ove sia stato acquisito in circostanze in cui:

i) il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente ad autorizzazione contrattuale limitata di utilizzo del dispositivo per accedere ad un servizio protetto solo in un primo Stato membro e sia stato utilizzato per accedere a tale servizio protetto ricevuto in un altro Stato membro, e/o

ii) il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente ottenuto e/o attivato fornendo nome e residenza falsi nel primo Stato membro, eludendo in tal modo le limitazioni territoriali contrattuali imposte all’esportazione di tali dispositivi per uso al di fuori del primo Stato membro, e/o

iii) il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente alla condizione contrattuale di un esclusivo uso domestico o privato e non per un uso commerciale (per il quale è dovuto un canone di abbonamento più elevato), ma sia stato utilizzato nel Regno Unito per scopi commerciali, e precisamente per trasmettere partite di calcio in diretta in un locale pubblico.

3) In caso di risposta negativa a qualsiasi quesito della questione 2), se l’art. 3, n. 2, della direttiva [sull’accesso condizionato] osti a che uno Stato membro invochi una disposizione nazionale che impedisca l’uso di tali dispositivi per l’accesso condizionato nelle circostanze di cui alla summenzionata questione 2).

4) In caso di risposta negativa a qualsiasi quesito della questione 2), se l’art. 3, n. 2), della direttiva medesima sia invalido:

a) in quanto discriminatorio e/o sproporzionato; e/o

b) in quanto in contrasto con i diritti alla libera circolazione sanciti dal Trattato e/o

c) per qualsivoglia altra ragione.

5) In caso di risposta affermativa alla questione 2), se gli artt. 3, n. 1, e 4 della direttiva stessa siano invalidi, in quanto impongono agli Stati membri di imporre restrizioni all’importazione di “dispositivi illeciti” da altri Stati membri e ad altre operazioni con dispositivi medesimi, anche nel caso in cui siffatti dispositivi possano essere legittimamente importati e/o utilizzati per ricevere servizi di diffusione via satellite transfrontalieri in forza delle norme sulla libera circolazione delle merci ai sensi degli artt. 28 CE e 30 CE e/o sulla libertà di fornire e ricevere servizi ai sensi dell’art. 49 CE.

6) Se gli artt. 28 CE, 30 CE e/o 49 CE ostino all’applicazione di una disposizione nazionale, quale l’art. 297 della [legge in materia di diritto d’autore, modelli e brevetti], che qualifichi come reato la ricezione fraudolenta di un programma nell’ambito di un servizio di trasmissione fornito da un luogo situato nel Regno Unito con l’intento di evitare il pagamento di qualsiasi diritto applicabile alla ricezione del programma, in una qualsiasi delle seguenti circostanze:

i) qualora il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente ad autorizzazione contrattuale limitata di utilizzo del dispositivo per accedere ad un servizio protetto solo in un primo Stato membro e sia stato utilizzato per accedere a tale servizio protetto ricevuto in un altro Stato membro (in questo caso, il Regno Unito), e/o

ii) qualora il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente ottenuto e/o attivato fornendo nome e residenza falsi nel primo Stato membro, eludendo in tal modo le limitazioni territoriali contrattuali imposte all’esportazione di tali dispositivi per uso al di fuori del primo Stato membro, e/o

iii) qualora il dispositivo per l’accesso condizionato sia stato realizzato da un prestatore di servizi ovvero con il suo consenso e sia stato originariamente fornito subordinatamente alla condizione contrattuale di un esclusivo uso domestico o privato e non per un uso commerciale (per il quale è dovuto un canone di abbonamento più elevato), ma sia stato utilizzato nel Regno Unito per scopi commerciali, e precisamente per trasmettere partite di calcio in diretta in un locale pubblico.

7) Se l’applicazione della disposizione nazionale in questione possa essere in ogni caso esclusa per violazione del divieto di discriminazione di cui all’art. 12 CE o in quanto la legislazione nazionale è applicabile ai programmi trasmessi nell’ambito di un servizio di radiodiffusione fornito da una località nel Regno Unito ma non a servizi forniti da un qualsiasi altro Stato membro.

8) Allorché un fornitore di contenuti di programmi rilasci una serie di licenze esclusive, ciascuna per il territorio di uno o più Stati membri, in base alle quali l’emittente è autorizzata a trasmettere il contenuto del programma solo nell’ambito di tale territorio (compresa la trasmissione via satellite) e ogni licenza preveda un obbligo contrattuale in base al quale l’emittente deve evitare che le sue schede di decodificazione satellitari, che consentono la ricezione dei contenuti dei programmi oggetto di licenza, vengano usate al di fuori del territorio cui si riferisce la licenza, quale criterio giuridico debba applicare il giudice nazionale e quali circostanze debba prendere in considerazione nel decidere se la restrizione contrattuale violi il divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE.

In particolare:

a) se l’art. 81, n. 1, CE debba essere interpretato nel senso che si applichi a tale obbligo per il solo motivo che debba ritenersi che esso abbia per oggetto impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza,

b) in caso affermativo, se debba essere altresì dimostrato che l’obbligo contrattuale impedisca, restringa o falsi sensibilmente il gioco della concorrenza per poter rientrare nel divieto imposto dall’art. 81, n. 1, CE».

56 Con ordinanza del Presidente della Corte 3 dicembre 2008 i procedimenti C‑403/08 e C‑429/08 sono stati riuniti ai fini delle fasi scritta ed orale del procedimento nonché della sentenza.

III – Sulle questioni pregiudiziali

A – Sulle norme relative alla ricezione di programmi codificati provenienti da altri Stati membri

1. Considerazioni preliminari

57 Si deve precisare, in limine, che i procedimenti in esame riguardano unicamente la trasmissione via satellite al pubblico di programmi contenenti gli incontri della «Premier League» da parte degli enti di radiodiffusione quali la Multichoice Hellas. In tal senso, la sola parte della comunicazione audiovisiva pertinente nella specie è quella consistente nella trasmissione al pubblico di tali programmi da parte degli enti di radiodiffusione ai sensi dell’art. 1, n. 2, lett. a) e b), della direttiva sulla radiodiffusione via satellite, ove tale operazione viene effettuata da uno Stato membro in cui i segnali portatori dei programmi sono inseriti in un canale di trasmissione via satellite (in prosieguo: lo «Stato membro di emissione»), nella specie, segnatamente, la Repubblica ellenica.

58 Per contro, la parte della comunicazione a monte, tra la FAPL e detti enti, consistente nella trasmissione di dati audiovisivi contenenti gli incontri medesimi, è priva di pertinenza nella specie, considerato che tale comunicazione può essere d’altronde effettuata con altri strumenti di telecomunicazione rispetto a quelli utilizzati dalle parti nei procedimenti principali.

59 Dagli atti di causa emerge inoltre che, a termini dei contratti di licenza conclusi tra la FAPL e gli enti di radiodiffusione interessati, i programmi in questione sono destinati al solo pubblico dello Stato membro di emissione e che gli enti stessi devono far sì che le loro trasmissioni via satellite possano essere captate solamente in tale Stato. Conseguentemente, gli enti di cui trattasi devono provvedere a criptare le loro trasmissioni ed a fornire i dispositivi di decodificazione solamente a soggetti residenti sul territorio dello Stato membro di emissione.

60 Infine, è pacifico che i proprietari dei bar-ristoranti utilizzino tali dispositivi di decodificazione al di fuori del territorio di tale Stato membro, utilizzandoli pertanto in contrasto con la volontà degli enti di radiodiffusione.

61 Ciò premesso, i giudici del rinvio si chiedono, con la prima parte delle loro questioni, se una siffatta utilizzazione di dispositivi di decodificazione ricada nella sfera d’applicazione della direttiva sull’accesso condizionato e in qual misura questa incida su tale utilizzazione. Nell’ipotesi, poi, in cui tale aspetto non fosse armonizzato da detta direttiva, i giudici medesimi chiedono se gli artt. 34 TFUE, 36 TFUE, 56 TFUE e 101 TFUE ostino ad una normativa nazionale e a contratti di licenza che impediscano l’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri.

2. La direttiva sull’accesso condizionato

a) Sull’interpretazione della nozione di «dispositivo illecito» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva sull’accesso condizionato (prima questione nel procedimento C‑403/08, nonché prima e seconda questione nel procedimento C‑429/08)

62 Con tali questioni, i giudici del rinvio chiedono, sostanzialmente, se la nozione di «dispositivo illecito» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva sull’accesso condizionato debba essere interpretata nel senso che essa ricomprenda parimenti i dispositivi di decodificazione stranieri, ivi compresi quelli ottenuti o attivati mediante l’indicazione di un falso nome e di un falso recapito, e quelli utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consenta l’utilizzazione unicamente a fini privati.

63 A tal riguardo, si deve rammentare, da un lato, che l’art. 2, lett. e), della direttiva sull’accesso condizionato definisce la nozione di «dispositivo illecito» nel senso di qualsivoglia apparecchiatura o programma per elaboratore elettronico «concepiti» o «adattati» al fine di rendere possibile l’accesso ad un servizio protetto in forma intellegibile senza l’autorizzazione del prestatore del servizio.

64 Il tenore di tale disposizione si limita quindi alle sole apparecchiature che abbiano costituito oggetto di operazioni manuali o automatizzate anteriormente al loro impiego e che consentano la ricezione di servizi protetti senza il consenso del prestatore dei servizi medesimi. Conseguentemente, tale disposizione riguarda unicamente apparecchiature che siano state fabbricate, manipolate, adattate o riadattate senza l’autorizzazione del prestatore dei servizi e non ricomprende l’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri.

65 Dall’altro, si deve rilevare che il sesto ed il tredicesimo ‘considerando’ della direttiva sull’accesso condizionato, che contengono precisazioni in merito alla nozione di «dispositivo illecito», fanno riferimento alla necessità di lottare contro i dispositivi illeciti che «consentono l’accesso senza pagamento» dei servizi protetti nonché contro l’immissione sul mercato di dispositivi illeciti che rendono possibile o facile «eludere, senza esservi autorizzato, qualsiasi misura tecnologica» a protezione della remunerazione di un servizio fornito in modo del tutto lecito.

66 Orbene, non ricadono in alcuna di dette categorie né i dispositivi di decodificazione stranieri, né quelli ottenuti o attivati mediante indicazione di un falso nome o di un falso recapito, né quelli che siano stati utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne limiti l’utilizzazione unicamente a fini privati. Infatti, tutti questi dispositivi sono fabbricati ed immessi sul mercato con l’autorizzazione del prestatore del servizio, essi non consentono un accesso gratuito ai servizi protetti e non rendono possibile o più agevole eludere una misura tecnologica adottata per proteggere la remunerazione dei servizi stessi, atteso che, nello Stato membro di immissione sul mercato, il corrispettivo è stato assolto.

67 Alla luce delle suesposte considerazioni, le questioni poste devono essere risolte nel senso che la nozione di «dispositivo illecito» ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva sull’accesso condizionato deve essere interpretata nel senso che essa non ricomprende né i dispositivi di decodificazione stranieri, né quelli ottenuti o attivati mediante l’indicazione di un falso nome e di un falso recapito, né quelli che siano stati utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consenta l’utilizzazione unicamente a fini privati.

b) Sull’interpretazione dell’art. 3, n. 2, della direttiva sull’accesso condizionato (terza questione nella causa C‑429/08)

68 Con tale questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’art. 3, n. 2, della direttiva sull’accesso condizionato osti ad una normativa nazionale che impedisca l’utilizzazione dei dispositivi di decodificazione stranieri, ivi compresi quelli ottenuti o attivati mediante indicazione di un falso nome e di un falso recapito, ovvero quelli che siano stati utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consenta l’utilizzazione unicamente a fini privati.

69 Ai sensi dell’art. 3, n. 2, della direttiva sull’accesso condizionato, gli Stati membri non sono autorizzati a limitare, per motivi rientranti nel settore coordinato dalla direttiva stessa, la libera circolazione dei servizi protetti e dei dispositivi di accesso condizionato, fermi restando gli obblighi fissati dall’art. 3, n. 1, della direttiva medesima.

70 A tal riguardo, si deve rilevare che quest’ultima disposizione impone obblighi nel settore coordinato della direttiva sull’accesso condizionato – definito dal suo art. 2, lett. f), nel senso di qualunque disposizione concernente le attività illecite di cui al successivo art. 4 –, imponendo, segnatamente, agli Stati membri, di vietare le attività indicate al detto art. 4.

71 Tuttavia, il menzionato art. 4 riguarda unicamente le attività illecite, implicando l’utilizzazione di dispositivi illeciti ai sensi della direttiva stessa.

72 Orbene, i dispositivi di decodificazione stranieri, ivi compresi quelli ottenuti o attivati mediante l’indicazione di un falso nome e di un falso recapito, e quelli utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consente l’utilizzazione unicamente a fini privati, non costituiscono, come emerge dai punti 62‑66 supra, dispositivi illeciti di tal genere.

73 Conseguentemente, né le attività che implichino l’utilizzazione di tali dispositivi né una normativa nazionale che vieti tali attività ricadono nel settore coordinato dalla direttiva sull’accesso condizionato.

74 La questione posta dal giudice a quo deve essere pertanto risolta nel senso che l’art. 3, n. 2, della direttiva sull’accesso condizionato non osta ad una normativa nazionale che impedisca l’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri, ivi compresi quelli ottenuti o attivati mediante l’indicazione di un falso nome e di un falso recapito, ovvero quelli utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consente l’utilizzazione unicamente a fini privati, atteso che una normativa di tal genere non ricade nel settore coordinato da tale direttiva.

c) Sulle altre questioni riguardanti la direttiva sull’accesso condizionato

75 Alla luce delle soluzioni fornite alla prima questione nel procedimento C‑403/08, nonché alle questioni prima, seconda e terza nel procedimento C‑429/08, non occorre procedere all’esame della seconda, terza e ottava questione, lett. a), nel procedimento C‑403/08, né delle questioni quarta e quinta nel procedimento C‑429/08.

3. Le norme del Trattato FUE in materia di libera circolazione delle merci e dei servizi

a) Sul divieto di importazione, di vendita e di utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri [ottava questione, lett. b), e prima parte della nona questione nel procedimento C‑403/08, nonché sesta questione, i), nel procedimento C‑429/08]

76 Con tali questioni i giudici del rinvio chiedono, sostanzialmente, se gli artt. 34 TFUE, 36 TFUE e 56 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostino ad una normativa di uno Stato membro ai sensi della quale risulti illecita l’importazione, la vendita e l’utilizzazione, nello Stato medesimo, di dispositivi di decodificazione stranieri che consentano l’accesso ad un servizio codificato di radiodiffusione via satellite proveniente da un altro Stato membro comprendente oggetti protetti dalla normativa di tale primo Stato.

i) Sull’individuazione delle disposizioni applicabili

77 Una normativa nazionale, come quella oggetto delle cause principali, riguarda tanto la prestazione transfrontaliera di servizi di radiodiffusione codificati quanto la circolazione, nell’ambito dell’Unione, di dispositivi di decodificazione stranieri che consentono di decodificare tali servizi. Ciò premesso, sorge la questione se tale normativa debba essere esaminata sotto il profilo della libera prestazione dei servizi ovvero sotto quello della libera circolazione delle merci.

78 A tal riguardo, dalla giurisprudenza risulta che, quando un provvedimento nazionale si ricollega sia alla libera circolazione delle merci sia alla libera prestazione dei servizi, la Corte l’esamina, in linea di principio, con riferimento ad una sola delle due libertà fondamentali qualora emerga che una delle due è del tutto secondaria rispetto all’altra e possa esserle ricollegata (v. sentenze 24 marzo 1994, causa C‑275/92, Schindler, Racc. pag. I‑1039, punto 22, e 2 dicembre 2010, causa C‑108/09, Ker-Optika, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 43).

79 Tuttavia, in materia di telecomunicazioni, questi due aspetti sono spesso strettamente connessi, senza che l’uno possa essere considerato del tutto secondario rispetto all’altro. Ciò vale, in particolare, nel caso in cui una normativa nazionale disciplini la fornitura di apparecchiature di telecomunicazione, quali i dispositivi di decodificazione, al fine di precisare i requisiti cui tali apparecchiature devono rispondere, ovvero al fine di fissare le modalità di vendita dei medesimi, ragion per cui, in un’ipotesi di tal genere, occorre esaminare simultaneamente entrambe le libertà fondamentali (v., in tal senso, sentenza 22 gennaio 2002, causa C‑390/99, Canal Satélite Digital, Racc. pag. I‑607, punti 29‑33).

80 Ciò premesso, nel caso in cui una normativa riguardi, in materia, un’attività particolarmente caratterizzata a livello dei servizi forniti dagli operatori economici, laddove la fornitura delle apparecchiature di telecomunicazione vi si ricolleghi solamente in termini puramente secondari, occorrerà esaminare tale attività con riguardo alla sola libertà di prestazione di servizi.

81 Ciò vale, segnatamente, qualora la messa a disposizione di apparecchiature di tal genere costituisca solamente una modalità concreta di organizzazione o di funzionamento di tale servizio e qualora tale attività non presenti finalità proprie, ma sia volta a consentire di beneficiare del servizio stesso. Ciò premesso, l’attività consistente nella messa a disposizione di apparecchiature di tal genere non può essere valutata a prescindere dall’attività connessa al servizio cui la prima attività si ricollega (v., per analogia, sentenza Schindler, cit., punti 22‑25).

82 Nei procedimenti principali si deve rilevare che la normativa nazionale non è volta a disciplinare i dispositivi di decodificazione al fine di stabilire i requisiti cui essi devono rispondere ovvero di fissare le condizioni di vendita dei medesimi. Infatti, essa li disciplina solamente nella loro qualità di strumenti che consentono agli abbonati di beneficiare dei servizi di radiodiffusione codificati.

83 Considerato che tale normativa riguarda quindi, in primis, la libera prestazione dei servizi, laddove l’aspetto della libera circolazione delle merci risulta del tutto secondario rispetto alla libera prestazione dei servizi, la normativa medesima deve essere esaminata alla luce di quest’ultima libertà.

84 Ne consegue che una normativa di tal genere deve essere valutata con riguardo all’art. 56 TFUE.

ii) Sulla sussistenza di una restrizione alla libera prestazione di servizi

85 L’art. 56 TFUE impone l’eliminazione di qualsiasi restrizione alla libera prestazione dei servizi, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, quando sia tale da vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisca legittimamente servizi analoghi. Peraltro, della libertà di prestazione di servizi beneficia tanto il prestatore quanto il destinatario dei servizi (v., in particolare, sentenza 8 settembre 2009, causa C‑42/07, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, Racc. pag. I‑7633, punto 51, e la giurisprudenza ivi richiamata).

86 Nelle cause principali la normativa nazionale vieta l’importazione, la vendita e l’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri sul territorio nazionale che diano accesso ai servizi di radiodiffusione via satellite provenienti da un altro Stato membro.

87 Orbene, atteso che l’accesso ai servizi di trasmissione via satellite, come quelli oggetto delle cause principali, è subordinato alla detenzione di un dispositivo di tal genere, la cui fornitura è soggetta alla restrizione contrattuale secondo cui il dispositivo stesso può essere utilizzato solamente sul territorio dello Stato membro di emissione, la normativa nazionale interessata osta alla ricezione di tali servizi da parte di soggetti residenti al di fuori dello Stato membro di emissione, nella specie, al di fuori del Regno Unito. Conseguentemente, tale normativa produce l’effetto di impedire a tali persone di accedere ai servizi di cui trattasi.

88 È pur vero che l’ostacolo alla ricezione di tali servizi scaturisce, in primo luogo, dai contratti conclusi tra gli enti di radiodiffusione ed i rispettivi clienti, i quali riflettono, a loro volta, le clausole di restrizione territoriale inserite nei contratti conclusi tra detti enti ed i titolari dei diritti di proprietà intellettuale. Tuttavia, tale normativa, poiché riconosce a dette restrizioni una tutela giuridica e ne impone il rispetto a pena di sanzioni civili e pecuniarie, restringe di per sé la libera prestazione dei servizi.

89 Ne consegue che la normativa de qua costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi vietata dall’art. 56 TFUE, a meno che essa non possa risultare oggettivamente giustificata.

iii) Sulla giustificazione di una restrizione alla libera prestazione dei servizi rispetto all’obiettivo di tutela dei diritti di proprietà intellettuale

– Osservazioni presentate alla Corte

90 La FAPL e a., la MPS, il governo del Regno Unito nonché i governi francese e italiano deducono che la restrizione sottesa alla normativa oggetto dei procedimenti principali può essere giustificata con riguardo ai diritti dei titolari dei diritti di proprietà intellettuale, in quanto risulterebbe necessaria per garantire la tutela di un’adeguata remunerazione dei titolari medesimi, ove tale remunerazione presuppone che questi ultimi dispongano del diritto di rivendicarla per l’utilizzazione delle loro opere o di altri oggetti protetti in ogni singolo Stato membro e di concedere al riguardo un’esclusività territoriale.

91 A tal proposito, dette parti interessate ritengono, in particolare, che, in assenza di qualsiasi protezione di tale esclusività territoriale, il titolare dei diritti di proprietà intellettuale non sia più in grado di ottenere remunerazioni adeguate delle licenze da parte degli enti di radiodiffusione, atteso che la diffusione in diretta degli incontri sportivi avrebbe perso parte del proprio valore. Infatti, gli enti di radiodiffusione non sarebbero interessati all’acquisto di licenze al di fuori del territorio dello Stato membro di emissione. L’acquisizione di licenze per tutti i territori nazionali in cui risiedano clienti potenziali non risulterebbe interessante dal punto di vista economico, in considerazione del prezzo estremamente elevato di tali licenze. Detti organismi acquisterebbero quindi le licenze per diffondere le opere interessate sul territorio di un solo Stato membro. Orbene, essi sarebbero disposti a corrispondere un supplemento rilevante subordinatamente alla condizione di disporre della garanzia dell’esclusività territoriale, in quanto questa consentirebbe loro di distinguersi dai concorrenti e di attrarre, in tal modo, ulteriore clientela.

92 La QC Leisure e a., la sig.ra Murphy, la Commissione e l’Autorità di vigilanza EFTA sostengono che una siffatta restrizione alla libera prestazione di servizi di radiodiffusione non può essere giustificata, in quanto si risolve in un contingentamento del mercato interno.

– Risposta della Corte

93 Al fine di esaminare la giustificazione di una restrizione come quella oggetto dei procedimenti principali, si deve rammentare che una restrizione a libertà fondamentali garantite dal Trattato non può essere giustificata, a meno che essa risponda a ragioni imperative di interesse pubblico, sia idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vada oltre quanto è necessario per il raggiungimento dello scopo medesimo (v., in tal senso, sentenza 5 marzo 2009, causa C‑222/07, UTECA, Racc. pag. I‑1407, punto 25, e la giurisprudenza ivi richiamata).

94 Per quanto attiene alle giustificazioni ammissibili, da costante giurisprudenza emerge che tale restrizione può risultare giustificata, in particolare, da ragioni imperative di interesse generale consistenti nella tutela dei diritti di proprietà intellettuale (v., in tal senso, sentenze 18 marzo 1980, causa 62/79, Coditel e a., detta «Coditel I», Racc. pag. 881, punti 15 e 16, nonché 20 gennaio 1981, cause riunite 55/80 e 57/80, Musik-Vertrieb membran e K-tel International, Racc. pag. 147, punti 9 e 12).

95 Occorre quindi anzitutto accertare se la FAPL possa invocare tali diritti per giustificare il fatto che la normativa nazionale oggetto della causa principale istituisce una tutela a suo favore costitutiva di una restrizione alla libera prestazione di servizi.

96 A tal riguardo, si deve rilevare che la FAPL non può far valere un diritto d’autore sugli incontri stessi della «Premier League», atteso che questi non possono essere qualificati come «opere».

97 Infatti, per poter rivestire tale qualificazione, occorrerebbe che l’oggetto interessato fosse originale, nel senso che costituisse una creazione intellettuale propria del suo autore (v., in tal senso, sentenza 16 luglio 2009, causa C‑5/08, Infopaq International, Racc. pag. I‑6569, punto 37).

98 Orbene, gli incontri sportivi non possono essere considerati quali creazioni intellettuali qualificabili come opere ai sensi della direttiva sul diritto d’autore. Ciò vale, in particolare, per gli incontri di calcio, i quali sono disciplinati dalle regole del gioco, che non lasciano margine per la libertà creativa ai sensi del diritto d’autore.

99 Ciò premesso, gli incontri di calcio non possono essere tutelati sulla base del diritto d’autore. È peraltro pacifico che il diritto dell’Unione non li tuteli ad alcun altro titolo nell’ambito della proprietà intellettuale.

100 Ciò premesso, gli incontri sportivi rivestono, in quanto tali, un carattere unico e, sotto tal profilo, originale, che può trasformarli in oggetti meritevoli di tutela analoga alla tutela delle opere, ove tale tutela può essere concessa, eventualmente, dai singoli ordinamenti giuridici interni.

101 A tal riguardo, si deve rilevare che, a termini dell’art. 165, n. 1, secondo comma, TFUE, l’Unione contribuisce alla promozione dei profili europei dello sport, tenendo conto delle sue specificità, delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale ed educativa.

102 Ciò premesso, uno Stato membro può legittimamente tutelare gli incontri sportivi, eventualmente a titolo di tutela della proprietà intellettuale, istituendo una normativa nazionale specifica ovvero riconoscendo, nel rispetto del diritto dell’Unione, una tutela per tali incontri garantita da strumenti convenzionali conclusi tra i soggetti legittimati a mettere a disposizione del pubblico il contenuto audiovisivo degli incontri stessi e i soggetti che intendano diffondere tale contenuto al pubblico di loro scelta.

103 A tal riguardo, si deve aggiungere che il legislatore dell’Unione ha previsto l’esercizio di tale facoltà da parte di uno Stato membro laddove fa riferimento, al ventunesimo ‘considerando’ della direttiva 97/36, ad eventi organizzati da un organizzatore legittimato a vendere i diritti relativi agli eventi medesimi.

104 Pertanto, nell’ipotesi in cui la normativa nazionale di cui trattasi sia volta a tutelare gli incontri sportivi – verifica che spetterebbe al giudice del rinvio – il diritto dell’Unione non osta, in linea di principio, a tale tutela ed una siffatta normativa può quindi giustificare una restrizione alla libera circolazione dei servizi come quella oggetto della causa principale.

105 Tuttavia, occorre inoltre che tale restrizione non vada al di là di quanto necessario per il conseguimento dell’obiettivo di tutela della proprietà intellettuale di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza UTECA, cit., punti 31 e 36).

106 A tal riguardo, si deve rammentare che deroghe al principio della libera circolazione sono ammissibili solo se siano giustificate dalla tutela dei diritti costituenti lo specifico oggetto della proprietà intellettuale di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza 23 ottobre 2003, causa C‑115/02, Rioglass e Transremar, Racc. pag. I‑12705, punto 23, e la giurisprudenza ivi richiamata).

107 In proposito, secondo costante giurisprudenza, tale oggetto specifico mira, segnatamente, a garantire ai titolari dei diritti interessati la tutela della facoltà di sfruttare commercialmente la messa in circolazione o la messa a disposizione degli oggetti protetti, concedendo licenze dietro il pagamento di un compenso (v., in tal senso, sentenze Musik-Vertrieb membran e K-tel International, cit., punto 12, nonché 20 ottobre 1993, cause riunite C‑92/92 e C‑326/92, Phil Collins e a., Racc. pag. I‑5145, punto 20).

108 Tuttavia, si deve necessariamente rilevare che tale oggetto specifico non garantisce ai titolari dei diritti interessati la possibilità di chiedere il più alto compenso possibile. Infatti, in considerazione di tale oggetto, quel che è loro garantito – come previsto dal decimo ‘considerando’ della direttiva sul diritto d’autore e dal quinto ‘considerando’ della direttiva sui diritti connessi – è solamente un compenso adeguato per ogni utilizzazione degli oggetti protetti.

109 Orbene, per poter risultare adeguato, tale compenso deve collocarsi in un rapporto ragionevole con il valore economico della prestazione fornita. In particolare, deve presentare un rapporto ragionevole con il numero reale o potenziale di soggetti che ne fruiscano o intendano fruirne (v., per analogia, sentenze 22 settembre 1998, causa C‑61/97, FDV, Racc. pag. I‑5171, punto 15, e 11 dicembre 2008, causa C‑52/07, Kanal 5 e TV 4, Racc. pag. I‑9275, punti 36‑38).

110 In tal senso, in materia di radiodiffusione televisiva, tale compenso deve collocarsi – come confermato, segnatamente, dal diciassettesimo ‘considerando’ della direttiva sulla radiodiffusione via satellite – in un rapporto ragionevole con i rispettivi parametri delle relative emissioni, quali il numero effettivo e il numero potenziale di teleascoltatori nonché la versione linguistica delle trasmissioni stesse (v., in tal senso, sentenza 14 luglio 2005, causa C‑192/04, Lagardère Active Broadcast, Racc. pag. I‑7199, punto 51).

111 Ciò premesso, si deve anzitutto sottolineare che i titolari dei diritti oggetto delle cause principali ricevono un compenso per la radiodiffusione degli oggetti protetti dallo Stato membro di emissione in cui si presume che l’atto di radiodiffusione abbia avuto luogo, ai sensi dell’art. 1, n. 2, lett. b), della direttiva sulla radiodiffusione via satellite, ed in cui tale compenso adeguato è quindi dovuto.

112 Inoltre, si deve rilevare che, qualora un siffatto compenso sia convenuto tra i titolari dei diritti interessati e gli enti di radiodiffusione, nell’ambito di una vendita preceduta da una gara, nulla osta a che il titolare dei diritti di cui trattasi richieda, in tale occasione, un importo che tenga conto del numero effettivo e potenziale di teleascoltatori tanto nello Stato membro di emissione quanto in tutti gli altri Stati membri in cui vengano parimenti ricevute le emissioni contenenti gli oggetti protetti.

113 A tal riguardo, si deve ricordare, in particolare, che la ricezione di una trasmissione via satellite, come quella oggetto della causa principale, è subordinata al possesso di un dispositivo di decodificazione. Conseguentemente, è possibile determinare, con un grado di precisione molto elevato, il numero complessivo di teleascoltatori effettivi e potenziali dell’emissione di cui trattasi, vale a dire dei teleascoltatori residenti tanto all’interno quanto all’esterno dello Stato membro di emissione.

114 Infine, per quanto attiene al supplemento versato dagli enti di radiodiffusione per la concessione di un’esclusività territoriale, non può essere certamente escluso che l’importo del compenso adeguato rifletta parimenti il particolare carattere delle emissioni in questione, vale a dire la loro esclusività territoriale, ragion per cui un supplemento può essere corrisposto a tal titolo.

115 Ciò detto, nella specie, un supplemento di tal genere viene corrisposto ai titolari dei diritti di cui trattasi al fine di garantire un’esclusività territoriale assoluta, da cui derivano differenze di prezzo artificiose tra i mercati nazionali compartimentati. Orbene, una siffatta compartimentazione ed una tale differenza artificiosa di prezzi che ne consegue sono inconciliabili con lo scopo essenziale del Trattato, consistente nella realizzazione del mercato interno. Ciò premesso, tale supplemento non può più essere considerato quale parte di quell’adeguato compenso che dev’essere garantito ai titolari dei diritti di cui trattasi.

116 Conseguentemente, la corresponsione di tale supplemento va al di là di quanto è necessario per garantire a tali titolari un adeguato compenso.

117 Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve concludere che la restrizione consistente nel divieto di utilizzare dispositivi di decodificazione stranieri non può essere giustificata con riguardo all’obiettivo della tutela dei diritti di proprietà intellettuale.

118 Tale conclusione non è in contrasto con la citata sentenza Coditel I, invocata dalla FAPL e a. nonché dalla MPS a sostegno delle proprie tesi. È pur vero che, al punto 16 di tale sentenza, la Corte ha affermato che le norme del Trattato non possono, in linea di principio, opporsi ai limiti geografici che le parti abbiano convenuto nei contratti di cessione di diritti di proprietà intellettuale per proteggere l’autore ed i suoi aventi causa e che la sola circostanza che detti limiti geografici coincidano, eventualmente, con le frontiere degli Stati membri non implica una posizione diversa.

119 Tuttavia, tali rilievi si collocano in un contesto che non è paragonabile a quello delle cause principali. Infatti, nella causa da cui è scaturita la citata sentenza Coditel I, le società di teledistribuzione hanno effettuato una comunicazione di un’opera al pubblico senza disporre, nello Stato membro del luogo di origine di tale comunicazione, di un’autorizzazione dei titolari dei diritti de quibus e senza aver ivi versato compensi ai medesimi.

120 Per contro, nei procedimenti principali, gli enti di radiodiffusione procedono ad atti di comunicazione al pubblico ben disponendo nello Stato membro di emissione – che è lo Stato membro del luogo di origine di tale comunicazione – di un’autorizzazione da parte dei titolari dei diritti interessati, e ben versando un compenso ai medesimi, ove tale compenso può d’altronde tener conto del numero di teleascoltatori effettivo e potenziale negli altri Stati membri.

121 Infine, si deve tener conto dell’evoluzione del diritto dell’Unione intervenuta medio tempore, in particolare, per effetto dell’adozione della direttiva «televisione senza frontiere» e di quella sulla radiodiffusione via satellite, che mirano a garantire il passaggio dai mercati nazionali ad un mercato unico di produzione e di distribuzione dei programmi.

iv) Sulla giustificazione di una restrizione alla libera prestazione dei servizi consistente nell’obiettivo di incoraggiare la presenza del pubblico negli stadi

122 La FAPL e a. nonché la MPS sostengono, in subordine, che la restrizione oggetto delle cause principali è necessaria per garantire il rispetto della cosiddetta regola del «periodo di esclusione» che vieta la radiodiffusione nel Regno Unito di incontri di calcio il sabato pomeriggio. Tale regola mirerebbe ad incoraggiare il pubblico ad assistere agli incontri di calcio, in particolare a quelli delle serie inferiori, obiettivo che non potrebbe essere conseguito, a parere della FAPL e a. e della MPS, qualora i telespettatori nel Regno Unito potessero liberamente seguire gli incontri della «Premier League» diffusi da enti di radiodiffusione da altri Stati membri.

123 A tal riguardo, anche ammesso che l’obiettivo di voler incoraggiare la presenza del pubblico negli stadi sia idoneo a giustificare una restrizione alle libertà fondamentali, è sufficiente rilevare che il rispetto di tale regola può essere assicurato, in ogni caso, mediante una limitazione contrattuale inserita nei contratti di licenza conclusi tra i titolari dei diritti e gli enti di radiodiffusione, in base alla quale tali enti siano tenuti a non trasmettere gli incontri della «Premier League» durante i periodi di esclusione. Orbene, è incontestabile che una misura di tal genere risulta meno pregiudizievole per le libertà fondamentali rispetto all’applicazione della restrizione oggetto delle cause principali.

124 Ne consegue che la restrizione consistente nel divieto di utilizzare dispositivi di decodificazione stranieri non risulta giustificata dall’obiettivo di incoraggiare l’affluenza del pubblico negli stadi.

125 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, le questioni poste devono essere risolte affermando che l’art. 56 TFUE dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa di uno Stato membro per effetto della quale siano illecite l’importazione, la vendita e l’utilizzazione, nello Stato medesimo, di dispositivi di decodificazione stranieri che consentano l’accesso ad un servizio codificato di radiodiffusione via satellite proveniente da un altro Stato membro contenente oggetti protetti dalla normativa di tale primo Stato.

b) Sull’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri a seguito dell’indicazione di una falsa identità e di un falso recapito e sull’utilizzazione di tali dispositivi a fini commerciali [ottava questione, lett. c), nel procedimento C‑403/08 e sesta questione, ii) e iii), nel procedimento C‑429/08]

126 Con tali questioni i giudici del rinvio chiedono, sostanzialmente, se la conclusione esposta supra al punto 125 risulti inficiata dalla duplice circostanza che, da un lato, il dispositivo di decodificazione straniero sia stato ottenuto o attivato mediante l’indicazione di una falsa identità e di un falso recapito, con l’intento di eludere la restrizione territoriale oggetto delle cause principali e, dall’altro, che tale dispositivo venga utilizzato a fini commerciali laddove era riservato per una utilizzazione a carattere privato.

127 Per quanto attiene alla prima circostanza, essa è certamente idonea a produrre effetti nei rapporti contrattuali tra l’acquirente, che ha indicato una falsa identità ed un falso recapito, ed il soggetto fornitore del dispositivo medesimo, ove quest’ultimo potrà pretendere dall’acquirente, segnatamente, il risarcimento del danno nel caso in cui la falsa identità ed il falso recapito, da questi indicati, gli abbiano causato un pregiudizio ovvero ne abbiano implicato la responsabilità nei confronti di un ente quale la FAPL. Per contro, tale circostanza non inficia la conclusione esposta supra al punto 125, in quanto essa non ha alcuna incidenza sul numero di utenti che hanno versato un corrispettivo per la ricezione delle emissioni.

128 Ciò vale parimenti per quanto attiene alla seconda circostanza, quando il dispositivo di decodificazione sia utilizzato a fini commerciali laddove era riservato per una utilizzazione a fini privati.

129 A tal riguardo, si deve precisare che nulla osta a che l’importo del corrispettivo convenuto tra i titolari dei diritti interessati e gli enti di radiodiffusione venga determinato in funzione del fatto che taluni clienti utilizzino i dispositivi di decodificazione a fini commerciali mentre altri ne facciano uso a fini privati.

130 Ripercuotendo tale circostanza sui propri clienti, l’ente di radiodiffusione può così richiedere un corrispettivo diverso per l’accesso ai propri servizi a seconda del fatto che tale accesso persegua fini commerciali o privati.

131 Orbene, il rischio che taluni soggetti facciano uso dei dispositivi di decodificazione stranieri in violazione della destinazione loro riservata risulta analogo a quello che si verifica in caso di utilizzazione di dispositivi di decodificazione in situazioni puramente interne, vale a dire in caso di utilizzazione da parte di clienti residenti sul territorio dello Stato membro di emissione. Ciò premesso, la seconda circostanza summenzionata non può giustificare una restrizione territoriale alla libera prestazione dei servizi e, pertanto, non inficia la conclusione affermata supra al punto 124. Ciò non pregiudica, tuttavia, la valutazione giuridica – sotto il profilo del diritto d’autore – dell’utilizzazione delle emissioni via satellite a fini commerciali successivamente alla loro ricezione, valutazione che verrà compiuta infra, nella seconda parte della sentenza.

132 Alla luce delle suesposte considerazioni, le questioni poste devono essere risolte nel senso che la conclusione affermata al punto 125 supra non è inficiata né dalla circostanza che il dispositivo di decodificazione straniero sia stato ottenuto o attivato mediante l’indicazione di una falsa identità e di un falso recapito, con l’intento di eludere la restrizione territoriale in questione, né dalla circostanza che tale dispositivo venga utilizzato a fini commerciali pur essendo riservato ad un uso a fini privati.

c) Sulle altre questioni relative alla libera circolazione (seconda parte della nona questione nel procedimento C‑403/08 e settima questione nel procedimento C‑429/08)

133 Tenuto conto della risposta fornita all’ottava questione, lett. b), e alla prima parte della nona questione nel procedimento C‑403/08, nonché alla sesta questione, i), nel procedimento C‑429/08, non occorre procedere all’esame della seconda parte della nona questione nel procedimento C‑403/08 né della settima questione nel procedimento C‑429/08.

4. Le norme del Trattato TFUE in materia di concorrenza

134 Con la decima questione nel procedimento C‑403/08 e con l’ottava questione nel procedimento C‑429/08 i giudici del rinvio chiedono, sostanzialmente, se le clausole insite in un contratto di licenza esclusiva concluso tra un titolare di diritti di proprietà intellettuale ed un ente di radiodiffusione costituiscano una restrizione alla concorrenza vietata dall’art. 101 TFUE qualora impongano a detto ente l’obbligo di non fornire dispositivi di decodificazione che consentano l’accesso ad oggetti protetti di tale titolare al di fuori del territorio oggetto del contratto di licenza medesimo.

135 Si deve rammentare, in limine, che un accordo ricade nel divieto sancito dall’art. 101, n. 1, TFUE qualora abbia per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza. L’alternatività tra oggetto ed effetto implica che occorre, in primo luogo, verificare la presenza di un solo criterio, nella specie, dell’oggetto dell’accordo. Solamente in via subordinata, qualora l’analisi del tenore dell’accordo non abbia rivelato un pregiudizio per la concorrenza di sufficiente entità, occorrerà esaminarne gli effetti e, per poterlo vietare, dovranno sussistere tutti gli elementi che comprovino che il gioco della concorrenza sia stato di fatto impedito, ristretto o falsato in modo sensibile (v., in tal senso, sentenze 4 giugno 2009, causa C‑8/08, T‑Mobile Netherlands e a., Racc. pag. I‑4529, punto 28, nonché 6 ottobre 2009, cause riunite C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., Racc. pag. I‑9291, punto 55).

136 Orbene, per poter valutare l’oggetto eventualmente anticoncorrenziale di un accordo, occorre far riferimento, segnatamente, al tenore delle sue disposizioni, agli obiettivi dallo stesso perseguiti nonché al contesto economico e giuridico in cui esso si colloca (v., in tal senso, sentenza GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., cit., punto 58, nonché la giurisprudenza ivi richiamata).

137 Quanto ai contratti di licenza di diritti di proprietà intellettuale, dalla giurisprudenza della Corte emerge che la sola circostanza che il titolare dei diritti abbia concesso ad un unico licenziatario il diritto esclusivo di radiodiffusione di un oggetto protetto a partire da uno Stato membro e, quindi, di vietarne la diffusione da parte di altri, per un periodo determinato, non è tuttavia sufficiente per affermare che tale accordo presenti un oggetto anticoncorrenziale (v., in tal senso, sentenza 6 ottobre 1982, causa 262/81, Coditel e a., detta «Coditel II», Racc. pag. 3381, punto 15).

138 Ciò premesso, ai sensi dell’art. 1, n. 2, lett. b), della direttiva sulla radiodiffusione via satellite, un titolare di diritti può concedere, in linea di principio, ad un licenziatario unico il diritto esclusivo di radiodiffusione via satellite, per un periodo determinato, di un oggetto protetto a partire da un solo Stato membro di emissione o a partire da più Stati membri.

139 Ciò detto, per quanto attiene alle restrizioni territoriali dell’esercizio di tale diritto, si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, un accordo volto a ristabilire la compartimentazione dei mercati nazionali può essere tale da impedire il perseguimento dell’obiettivo del Trattato diretto a realizzare l’integrazione dei mercati nazionali tramite la creazione di un mercato unico. In tal senso, contratti diretti a compartimentare i mercati nazionali secondo le frontiere nazionali ovvero rendendo più ardua l’integrazione dei mercati nazionali devono essere considerati, in linea di principio, quali accordi aventi ad oggetto la restrizione della concorrenza ai sensi dell’art. 101, n. 1, TFUE (v., per analogia, nel settore dei medicinali, sentenze 16 settembre 2008, cause riunite da C‑468/06 a C‑478/06, Sot. Lélos kai Sia e a., Racc. pag. I‑7139, punto 65, nonché GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., cit., punti 59 e 61).

140 Atteso che tale giurisprudenza risulta pienamente trasponibile al settore della prestazione transfrontaliera di servizi di radiodiffusione, come emerge, segnatamente, dai punti 118‑121 supra, si deve dichiarare che qualora un contratto di licenza sia volto a vietare o a limitare la prestazione transfrontaliera di servizi di radiodiffusione, si presume che esso abbia ad oggetto di restringere la concorrenza, salvo che altre circostanze risultanti dal suo contesto economico e giuridico non consentano di ritenere che tale contratto non sia idoneo a pregiudicare la concorrenza.

141 Nelle cause principali, la concessione stessa di licenze esclusive per la diffusione di incontri della «Premier League» non è rimessa in discussione. Infatti, tali cause vertono unicamente sugli obblighi supplementari volti ad assicurare il rispetto delle limitazioni territoriali di sfruttamento di tali licenze derivanti dalle clausole insite nei contratti conclusi tra i titolari dei diritti e gli enti di radiodiffusione interessati, vale a dire l’obbligo degli enti medesimi di non fornire dispositivi di decodificazione che consentano l’accesso agli oggetti protetti ai fini della loro utilizzazione al di fuori del territorio contemplato dal contratto di licenza.

142 Per quanto attiene a tali clausole, si deve rilevare, da un lato, che esse vietano agli enti di radiodiffusione qualsiasi prestazione transfrontaliera di servizi relativa a tali incontri, il che consente di attribuire ad ogni ente di radiodiffusione un’esclusività territoriale assoluta nella zona oggetto della rispettiva licenza e di eliminare, in tal modo, qualsiasi concorrenza tra i vari enti di radiodiffusione nel settore di tali servizi.

143 Dall’altro, la FAPL e a. e la MPS non hanno dedotto alcuna circostanza risultante dal contesto economico e giuridico di dette clausole che consenta di ritenere che, malgrado le considerazioni esposte al punto precedente, le clausole medesime non siano tali da pregiudicare la concorrenza e non abbiano, pertanto, un oggetto anticoncorrenziale.

144 Ciò premesso, atteso che dette clausole insite nei contratti di licenza esclusiva hanno un oggetto anticoncorrenziale, si deve concludere che esse costituiscono una restrizione alla concorrenza vietata ai sensi dell’art. 101, n. 1, TFUE.

145 Si deve aggiungere che se, in linea di principio, l’art. 101, n. 1, TFUE non si applica ad accordi che ricadono nelle categorie indicate al n. 3 del medesimo articolo, considerato che le clausole insite nei contratti di licenza come quelle oggetto delle cause principali non risultano conformi, per i motivi precisati supra ai punti 105‑124, alle esigenze previste da quest’ultima disposizione, l’ipotesi dell’inapplicabilità dell’art. 101, n. 1, TFUE conseguentemente non si pone.

146 Alla luce delle suesposte considerazioni, le questioni poste devono essere risolte nel senso che le clausole insite in un contratto di licenza esclusiva concluso tra un titolare di diritti di proprietà intellettuale ed un ente di radiodiffusione costituiscono una restrizione alla concorrenza vietata dall’art. 101 TFUE qualora impongano a detto ente l’obbligo di non fornire dispositivi di decodificazione che consentano l’accesso agli oggetti protetti del titolare medesimo ai fini della loro utilizzazione al di fuori del territorio oggetto del contratto di licenza stesso.

B – Sulle norme connesse all’utilizzazione delle trasmissioni a seguito della loro ricezione

1. Osservazioni preliminari

147 Con la seconda parte delle questioni pregiudiziali si chiede se la ricezione delle trasmissioni contenenti gli incontri della «Premier League» nonché le opere connesse sia soggetta a restrizioni previste dalle direttive in materia di diritto d’autore e di diritti connessi in considerazione del fatto che essa si risolve in riproduzioni di tali opere nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo, nonché in considerazione della proiezione delle opere medesime in pubblico da parte dei proprietari dei bar-ristoranti in questione.

148 A tal riguardo, si deve rammentare che, come emerge dai punti 37 e 57 supra, due categorie di soggetti possono far valere diritti di proprietà intellettuale relativi ad emissioni televisive come quelle oggetto delle cause principali, vale a dire, da un lato, gli autori delle opere interessate e, dall’altro, gli enti di radiodiffusione.

149 Per quanto attiene, anzitutto, agli autori, questi possono fondarsi sul diritto d’autore connesso alle opere sfruttate nell’ambito di tali emissioni. Nelle cause principali, è pacifico che la FAPL può far valere i diritti d’autore su varie opere contenute nelle emissioni radiodiffuse di cui trattasi, vale a dire, in particolare, sulla sequenza video di apertura, sull’inno della «Premier League», su film preregistrati che riportano i momenti più significativi di incontri recenti della «Premier League» o su una serie di soluzioni grafiche.

150 Per quanto riguarda poi, gli enti di radiodiffusione quali la Multichoice Hellas, questi possono invocare il diritto di fissazione delle loro emissioni previsto dall’art. 7, n. 2, della direttiva sui diritti connessi, o il diritto di comunicazione al pubblico delle loro emissioni ai sensi dell’art. 8, n. 3, della direttiva medesima o, ancora, il diritto di riproduzione delle fissazioni delle nuove emissioni, sancito dall’art. 2, lett. e), della direttiva sul diritto d’autore.

151 Orbene, le questioni sollevate nelle cause principali non vertono su tali diritti.

152 Ciò premesso, l’esame da parte della Corte dev’essere limitato agli artt. 2, lett. a), 3, n. 1, e 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore che tutelano il diritto d’autore sulle opere sfruttate nell’ambito delle trasmissioni televisive oggetto delle cause principali, vale a dire, segnatamente, sulla sequenza video di apertura, sull’inno della «Premier League», sui film preregistrati che riportano i momenti più significativi di recenti incontri della «Premier League» o su una serie di soluzioni grafiche.

2. Sul diritto di riproduzione previsto dall’art. 2, lett. a), della direttiva sul diritto d’autore (quarta questione nel procedimento C‑403/08)

153 Con tale questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’art. 2, lett. a), della direttiva sul diritto d’autore debba essere interpretato nel senso che il diritto di riproduzione si estenda alla creazione di frammenti transitori delle opere nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo i quali si succedono e sono immediatamente cancellati e sostituiti dai frammenti seguenti. In tale contesto, il giudice a quo chiede, segnatamente, se le sue valutazioni debbano essere compiute con riferimento a tutti i frammenti dell’insieme composto ovvero unicamente con riferimento a quelli esistenti in un determinato momento.

154 In limine, si deve rammentare che la nozione di «riproduzione» di cui all’art. 2 di detta direttiva costituisce una nozione di diritto dell’Unione che deve essere oggetto, in tutta l’Unione, di un’interpretazione autonoma ed uniforme (sentenza Infopaq International, cit., punti 27‑29).

155 Per quanto attiene al suo contenuto, è stato già rilevato, al punto 97 supra, che il diritto d’autore ai sensi del menzionato art. 2, lett. a), può trovare applicazione unicamente con riguardo ad un oggetto che costituisca una creazione intellettuale propria del suo autore (sentenza Infopaq International, cit., punto 37).

156 La Corte ha così precisato che le singole parti di un’opera beneficiano di una tutela ai sensi di detta disposizione a condizione che esse contengano taluni degli elementi che sono espressione della creazione intellettuale dell’autore dell’opera stessa (sentenza Infopaq International, cit. supra, punto 39).

157 Ciò implica che, al fine di verificare se elementi di tal genere siano contenuti, occorre esaminare l’insieme composto dei frammenti simultaneamente riprodotti – esistenti, quindi, in un determinato momento. In caso di risposta affermativa, tale insieme dev’essere qualificato come riproduzione parziale ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva sul diritto d’autore (v., in tal senso, sentenza Infopaq International, cit., punti 45 e 46). A tal riguardo, non è pertinente accertare se un’opera sia riprodotta mediante frammenti lineari che possono avere un’esistenza effimera in quanto immediatamente cancellati nell’ambito di un procedimento tecnico.

158 È alla luce di quanto precede che spetta al giudice del rinvio valutare se la creazione di frammenti transitori delle opere nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo si risolva in riproduzioni ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva sul diritto d’autore.

159 Conseguentemente, la questione posta dev’essere risolta affermando che l’art. 2, lett. a), della direttiva sul diritto d’autore dev’essere interpretato nel senso che il diritto di riproduzione si estende ai frammenti transitori delle opere nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo, a condizione che tali frammenti contengano elementi che siano espressione della creazione intellettuale propria degli autori interessati, ove, al fine di verificare la sussistenza di tali elementi, occorre esaminare l’insieme composto dei frammenti simultaneamente riprodotti.

3. Sull’eccezione al diritto di riproduzione prevista dall’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore (quinta questione nel procedimento C‑403/08)

160 Con tale questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se gli atti di riproduzione del genere di quelli oggetto del procedimento C‑403/08, operati nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo, rispondano ai requisiti indicati all’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore e se, conseguentemente, tali atti possano essere compiuti senza l’autorizzazione dei titolari di diritti d’autore.

a) Osservazioni preliminari

161 Ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore, un atto di riproduzione è esente dal diritto di riproduzione previsto dall’art. 2 della medesima solo qualora soddisfi cinque requisiti, vale a dire qualora:

– sia temporaneo;

– sia transitorio o accessorio;

– costituisca parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico;

– il procedimento sia eseguito all’unico scopo di consentire la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario o un utilizzo legittimo di un’opera o di oggetto protetto, e

– tale atto sia privo di rilievo economico proprio.

162 Dalla giurisprudenza emerge che i requisiti indicati supra devono costituire oggetto di un’interpretazione restrittiva, in quanto l’art. 5, n. 1, di tale direttiva costituisce una deroga alla regola generale sancita dalla medesima che impone che sia il titolare dei diritti d’autore ad autorizzare qualsiasi riproduzione delle sue opere protette (sentenza Infopaq International, cit., punti 56 e 57).

163 Ciò premesso, l’interpretazione di tali requisiti deve consentire di salvaguardare l’effetto utile dell’eccezione così istituita e di rispettarne la finalità, come emerge, segnatamente, dal trentunesimo ‘considerando’ della direttiva sul diritto d’autore e dalla posizione comune (CE) n. 48/2000, emanata dal Consiglio in data 28 settembre 2000 ai fini dell’adozione della direttiva medesima (GU C 344, pag. 1).

164 In considerazione del suo obiettivo, detta eccezione deve quindi consentire ed assicurare lo sviluppo ed il funzionamento di nuove tecnologie, nonché mantenere un giusto equilibrio tra i diritti e gli interessi dei titolari di diritti, da un lato, e degli utilizzatori delle opere protette che intendano beneficiare di tali nuove tecnologie, dall’altro.

b) Sul rispetto dei requisiti previsti dall’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore

165 È pacifico che gli atti di riproduzione di cui trattasi soddisfano i primi tre requisiti elencati all’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore, atteso che tali atti sono temporanei, transitori e costituiscono parte integrante di un procedimento tecnologico, realizzato per mezzo di un decodificatore satellitare e di un apparecchio televisivo al fine di consentire la ricezione delle emissioni radiodiffuse.

166 Non resta quindi altro che procedere alla valutazione della sussistenza del quarto e del quinto requisito.

167 Per quanto attiene, anzitutto, al quarto requisito, si deve rilevare, in limine, che gli atti di riproduzione di cui trattasi non mirano a consentire una trasmissione in una rete tra terzi con l’intervento di un intermediario. Occorre quindi esaminare, alternativamente, se essi perseguano unicamente lo scopo di consentire un utilizzo legittimo di un’opera o di un oggetto protetto.

168 A tal riguardo, come emerge dal trentunesimo ‘considerando’ della direttiva sul diritto d’autore, si presume che un’utilizzazione sia legittima quando sia stata autorizzata dal titolare dei diritti di cui trattasi o qualora non sia limitata dalla normativa applicabile.

169 Atteso che, nella causa principale, l’utilizzazione delle opere in questione non è autorizzata dai titolari dei diritti d’autore, occorre quindi valutare se gli atti de quibus mirino a consentire un’utilizzazione di opere non limitata dalla normativa applicabile.

170 A tal riguardo, è pacifico che detti atti effimeri di riproduzione consentano il corretto funzionamento del decodificatore satellitare e dello schermo televisivo. Dal punto di vista dei telespettatori, essi consentono la ricezione delle trasmissioni contenenti opere protette.

171 Orbene, la semplice ricezione, di per sé, di tali emissioni, vale a dire la loro captazione e visualizzazione in un ambito privato, non costituisce un atto limitato dalla normativa dell’Unione o da quella del Regno Unito, come emerge d’altronde dal tenore della quinta questione pregiudiziale nel procedimento C‑403/08, ragion per cui detto atto deve ritenersi legittimo. Inoltre, dai punti 77‑132 supra emerge che una siffatta ricezione di emissioni dev’essere considerata legittima in caso di emissioni provenienti da uno Stato membro diverso dal Regno Unito qualora essa sia effettuata per mezzo di un dispositivo di decodificazione straniero.

172 Ciò premesso, si deve rilevare che tali atti di riproduzione perseguono l’unico scopo di consentire un «utilizzo legittimo» delle opere ai sensi dell’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva sul diritto d’autore.

173 Gli atti di riproduzione del genere di quelli oggetti nella causa principale rispondono, quindi, al quarto requisito previsto da detta disposizione.

174 Per quanto attiene, infine, al quinto requisito ivi previsto, si deve rilevare che detti atti di riproduzione, realizzati nell’ambito di un procedimento tecnico, consentono l’accesso alle opere protette. Atteso che queste ultime possiedono un valore economico, l’accesso alle medesime riveste quindi necessariamente un rilievo economico.

175 Tuttavia, per non privare l’eccezione prevista dall’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore del suo effetto utile, occorre, inoltre, che tale rilievo sia proprio nel senso che vada al di là del vantaggio economico derivante dalla semplice ricezione di un’emissione contenente opere protette, vale a dire, al di là del vantaggio derivante dalla sua semplice captazione e visualizzazione.

176 Nella causa principale, gli atti di riproduzione temporanei, realizzati nella memoria del decodificatore satellitare e sullo schermo televisivo, costituiscono una parte inseparabile e non autonoma del processo di ricezione delle emissioni radiodiffuse contenenti le opere di cui trattasi. Tali atti sono peraltro effettuati indipendentemente dall’influenza, ovvero dalla consapevolezza, delle persone aventi in tal modo accesso alle opere protette.

177 Conseguentemente, detti atti di riproduzione temporanei non possono generare un vantaggio economico supplementare che vada al di là del vantaggio derivante dalla semplice ricezione delle emissioni di cui trattasi.

178 Conseguentemente, non si può ritenere che gli atti di riproduzione oggetto della causa principale presentino un rilievo economico proprio. Conseguentemente, essi rispondono al quinto requisito previsto dall’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore.

179 Tale considerazione, unitamente a quella esposta supra al punto 172, risulta d’altronde avvalorata dalla finalità di tale disposizione, volta ad assicurare lo sviluppo ed il funzionamento di nuove tecnologie. Infatti, nel caso in cui gli atti in questione non dovessero essere considerati conformi ai requisiti fissati dall’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore, a tutti i telespettatori che si avvalessero di apparecchi moderni, i quali necessitano, ai fini del loro funzionamento, della realizzazione di tali atti di riproduzione, risulterebbe impedita la ricezione delle emissioni contenenti opere radiodiffuse in assenza di un’autorizzazione da parte dei titolari dei diritti d’autore. Orbene, ciò ostacolerebbe, per non dire paralizzerebbe, l’espansione nonché un contributo effettivo delle nuove tecnologie, in contrasto con la volontà del legislatore dell’Unione, quale espressa al trentunesimo ‘considerando’ della direttiva sul diritto d’autore.

180 Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve concludere che atti di riproduzione del genere di quelli oggetto della causa principale rispondono a tutti i cinque requisiti indicati all’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore.

181 Ciò premesso, per poter sollevare l’eccezione prevista dalla menzionata disposizione, occorre, inoltre, che tali atti rispondano ai requisiti di cui all’art. 5, n. 5, della direttiva sul diritto d’autore. A tal riguardo, è sufficiente rilevare che, alla luce dei rilievi svolti supra ai punti 163‑179, gli atti in questione soddisfano parimenti tali requisiti.

182 Conseguentemente, la questione posta dev’essere risolta nel senso che gli atti di riproduzione del genere di quelli oggetto del procedimento C‑403/08, effettuati nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo, rispondono ai requisiti indicati all’art. 5, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore e possono essere quindi compiuti senza l’autorizzazione dei titolari dei diritti d’autore di cui trattasi.

4. Sulla «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore (sesta questione nel procedimento C‑403/08)

183 Con tale questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se la nozione di «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore debba essere interpretata nel senso che ricomprenda la trasmissione di opere radiodiffuse, mediante uno schermo televisivo ed altoparlante, a clienti presenti in un bar-ristorante.

184 In limine, si deve rilevare che l’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore non precisa la nozione di «comunicazione al pubblico» (sentenza 7 dicembre 2006, causa C‑306/05, SGAE, Racc. pag. I‑11519, punto 33).

185 Ciò premesso, conformemente ad una costante giurisprudenza, occorre determinare il senso e la portata di tale disposizione in considerazione degli obiettivi perseguiti dalla direttiva stessa ed in considerazione del contesto in cui la disposizione interpretata si colloca (v. sentenza SGAE, cit., punto 34, nonché la giurisprudenza ivi richiamata).

186 A tal proposito, si deve anzitutto rammentare che la direttiva sul diritto d’autore persegue quale obiettivo principale la realizzazione di un livello elevato di protezione a favore degli autori, consentendo ai medesimi di ottenere un adeguato compenso per l’utilizzazione delle loro opere, in particolare in occasione di una comunicazione al pubblico. Ne consegue che la nozione di comunicazione al pubblico dev’essere intesa in senso ampio, come espressamente affermato nel ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva medesima (v. sentenza SGAE, cit., punto 36).

187 Si deve inoltre rilevare che, ai sensi del ventesimo ‘considerando’ della direttiva stessa, questa si fonda su principi e regole già definiti dalle direttive in vigore nel campo della proprietà intellettuale, quali la direttiva 92/100, codificata dalla direttiva sui diritti connessi (v. sentenza Infopaq International, cit., punto 36).

188 Ciò premesso, alla luce delle esigenze di unicità e di coerenza dell’ordinamento giuridico dell’Unione, le nozioni utilizzate da tutte le dette direttive devono avere lo stesso significato, salva diversa volontà del legislatore dell’Unione espressa in un contesto legislativo preciso.

189 Infine, il menzionato art. 3, n. 1, dev’essere interpretato, nella misura del possibile, alla luce del diritto internazionale e, in particolare, tenendo conto della Convenzione di Berna e del trattato sul diritto d’autore. Infatti, la direttiva sul diritto d’autore è volta a dare esecuzione a detto trattato il quale, all’art. 1, n. 4, obbliga le parti contraenti a conformarsi agli artt. 1‑21 della Convenzione di Berna. Lo stesso obbligo è peraltro previsto dall’art. 9, n. 1, dell’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (v., in tal senso, sentenza SGAE, cit., punti 35, 40 e 41, nonché la giurisprudenza ivi citata).

190 Sulla base di questi tre elementi occorre quindi interpretare la nozione di «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore esaminando se essa ricomprenda la trasmissione di opere radiodiffuse, mediante uno schermo televisivo ed altoparlante, a clienti presenti in un bar-ristorante.

191 Per quanto attiene, anzitutto, alla nozione di comunicazione, dall’art. 8, n. 3, della direttiva sui diritti connessi e dagli artt. 2, lett. g), e 15 del trattato sulle interpretazioni ed esecuzioni dei fonogrammi emerge che tale nozione comprende «l’atto di rendere udibili al pubblico i suoni o la rappresentazione di suoni fissati in un fonogramma» e che essa si estende alla radiodiffusione o «qualunque comunicazione al pubblico».

192 Più precisamente e come espressamente indicato nell’art. 11 bis, primo comma, iii), della convenzione di Berna, tale nozione ricomprende la comunicazione mediante altoparlante o qualsiasi altro analogo strumento trasmettitore di segni, suoni od immagini, estendendosi quindi – conformemente all’esposizione della motivazione della proposta di direttiva sul diritto d’autore [COM(97) 628 def.] – ad un mezzo di comunicazione quale la rappresentazione di opere su uno schermo.

193 Ciò premesso e tenuto conto che il legislatore dell’Unione non ha espresso diversa volontà per quanto attiene all’interpretazione di tale nozione nella direttiva sul diritto d’autore e, segnatamente, all’art. 3 della medesima (v. supra, punto 188), la nozione di comunicazione dev’essere intesa in senso ampio, nel senso che ricomprende qualsiasi trasmissione delle opere protette, a prescindere dal mezzo o dal procedimento tecnico utilizzati.

194 Nel solco di tale interpretazione la Corte ha già avuto modo di affermare che il titolare di un’azienda alberghiera realizza un atto di comunicazione qualora consenta ai propri clienti di accedere alle opere radiodiffuse mediante apparecchi televisivi distribuendo nelle stanze dell’albergo, con piena cognizione di causa, il segnale ricevuto, portatore delle opere protette. A tal riguardo, la Corte ha sottolineato che un’operazione di tal genere non costituisce un semplice mezzo tecnico per garantire o migliorare la ricezione della trasmissione originaria nella sua zona di copertura, bensì un atto in assenza del quale i clienti non potrebbero usufruire delle opere diffuse, pur trovandosi all’interno della zona stessa (v., in tal senso, sentenza SGAE, cit., punto 42).

195 Nel procedimento C‑403/08, il proprietario di un bar-ristorante consente volutamente ai propri clienti presenti nel locale stesso di accedere ad una emissione radiodiffusa, contenente opere protette, per mezzo di uno schermo televisivo e di altoparlanti, fermo restando che, senza l’intervento del proprietario stesso, i clienti non potrebbero usufruire delle opere radiodiffuse, pur trovandosi all’interno della zona di copertura dell’emissione medesima. In tal senso, le circostanze di un atto di tal genere risultano analoghe a quelle già oggetto della menzionata sentenza SGAE.

196 Ciò detto, si deve dichiarare che il proprietario di un bar-ristorante procede ad una comunicazione qualora trasmetta volutamente opere radiodiffuse, mediante uno schermo televisivo ed altoparlanti, a clienti presenti nel proprio locale.

197 Ciò premesso, per poter ricadere, in circostanze come quelle oggetto della causa principale, nella nozione di «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore occorre, inoltre, che l’opera radiodiffusa sia trasmessa ad un pubblico nuovo, vale a dire ad un pubblico che non sia stato preso in considerazione dagli autori delle opere protette nel momento in cui hanno autorizzato l’utilizzazione delle opere stesse mediante comunicazione al pubblico di origine (v., in tal senso, sentenza SGAE, cit., punti 40 e 42, nonché ordinanza 18 marzo 2010, causa C‑136/09, Organismos Sillogikis Diacheirisis Dimiourgon Theatrikon kai Optikoakoustikon Ergon, punto 38).

198 A tal riguardo, si deve rammentare che, autorizzando la radiodiffusione delle loro opere, gli autori prendono in considerazione, in linea di principio, solo i detentori di apparecchi televisivi i quali, individualmente o nella loro sfera privata o familiare, ricevono il segnale e seguono le trasmissioni. Orbene, nel momento in cui una trasmissione di un’opera radiodiffusa viene effettuata in un luogo accessibile al pubblico e rivolta ad un pubblico ulteriore al quale viene consentito, dal detentore dell’apparecchio televisivo, di godere dell’ascolto o della visualizzazione dell’opera, tale intervento deliberato dev’essere considerato quale atto con cui l’opera in questione viene comunicata ad un pubblico nuovo (v., in tal senso, sentenza SGAE, cit., punto 41, e ordinanza Organismos Sillogikis Diacheirisis Dimiourgon Theatrikon kai Optikoakoustikon Ergon, cit., punto 37).

199 Ciò si verifica nel caso della trasmissione di opere radiodiffuse da parte del proprietario di un bar-ristorante ai clienti presenti nel proprio locale, in quanto detti clienti costituiscono un pubblico ulteriore che non è stato preso in considerazione dagli autori all’atto dell’autorizzazione della radiodiffusione delle loro opere.

200 Inoltre, perché sussista una comunicazione al pubblico, l’opera radiodiffusa dev’essere trasmessa ad un «pubblico non presente nel luogo in cui [le comunicazioni] hanno origine», come si legge nel ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva sul diritto d’autore.

201 A tal riguardo, dalla posizione comune n. 48/2000 menzionata supra emerge che tale ‘considerando’ fa seguito alla proposta del Parlamento europeo che intendeva ivi precisare che la comunicazione al pubblico ai sensi di tale direttiva non comprende «le rappresentazioni o esecuzioni dirette», nozione che rinvia a quella di «rappresentazione e esecuzione pubbliche» di cui all’art. 11, primo comma, della Convenzione di Berna, ove quest’ultima nozione ricomprende l’interpretazione di opere dinanzi al pubblico che si trovi in contatto fisico e diretto con l’autore o l’esecutore delle opere stesse (v. la guida della Convenzione di Berna, documento interpretativo elaborato dall’OMPI il quale, senza peraltro possedere efficacia vincolante, contribuisce tuttavia all’intepretazione della convenzione stessa, come rilevato dalla Corte al punto 41 della citata sentenza SGAE).

202 In tal senso, al fine di escludere la sussistenza di una tale rappresentazione ed esecuzione pubblica diretta dalla sfera della nozione di comunicazione al pubblico nell’ambito della direttiva sul diritto d’autore, il menzionato ventitreesimo ‘considerando’ ha precisato che la comunicazione al pubblico ricomprende tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine.

203 Orbene, tale elemento di contatto fisico e diretto è appunto assente in caso di trasmissione, in un luogo quale un bar-ristorante, di un’opera radiodiffusa per mezzo di uno schermo televisivo ed altoparlanti, al pubblico presente nel luogo della trasmissione ma non presente nel luogo di origine della comunicazione ai sensi del ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva sul diritto d’autore, vale a dire nel luogo della rappresentazione radiodiffusa (v., in tal senso, sentenza SGAE, cit., punto 40).

204 Si deve infine rilevare che il carattere lucrativo di una «comunicazione» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore non è privo di pertinenza (v., in tal senso, sentenza SGAE, cit., punto 44).

205 In una fattispecie come quella oggetto della causa principale, è incontestabile che, da un lato, il titolare proceda alla trasmissione delle opere radiodiffuse nel proprio bar-ristorante al fine di trarne un vantaggio e, dall’altro, che tale trasmissione sia idonea ad attirare clienti interessati dalle opere così trasmesse. Conseguentemente, la trasmissione di cui trattasi incide sulla frequentazione del locale e, in fin dei conti, sui suoi risultati economici.

206 Ne consegue che la comunicazione al pubblico in esame riveste carattere lucrativo.

207 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la questione posta deve essere risolta dichiarando che la nozione di «comunicazione al pubblico» di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva sul diritto d’autore dev’essere interpretata nel senso che comprende la trasmissione di opere radiodiffuse, per mezzo di uno schermo televisivo ed altoparlanti, ai clienti presenti in un bar-ristorante.

5. Sull’incidenza della direttiva sulla radiodiffusione via satellite (settima questione nel procedimento C‑403/08)

208 Con tale questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se la direttiva sulla radiodiffusione via satellite incida sulla liceità di atti di riproduzione effettuati nella memoria di un decoder satellitare e su uno schermo televisivo.

209 A tal riguardo, si deve ricordare che la direttiva sulla radiodiffusione via satellite prevede solamente un’armonizzazione minima di taluni aspetti della protezione dei diritti d’autore e dei diritti connessi in caso di comunicazione al pubblico via satellite o di ritrasmissione via cavo di emissioni provenienti da altri Stati membri. Orbene, a differenza della direttiva sul diritto d’autore, tali norme di armonizzazione minima non forniscono elementi per accertare la liceità di atti di riproduzione effettuati nella memoria di un decoder satellitare e su uno schermo televisivo (v., per analogia, sentenze 3 febbraio 2000, causa C‑293/98, Egeda, Racc. pag. I‑629, punti 25 e 26, nonché SGAE, cit., punto 30).

210 Conseguentemente, la questione posta dev’essere risolta dichiarando che la direttiva sulla radiodiffusione via satellite dev’essere interpretata nel senso che essa non incide sulla liceità di atti di riproduzione effettuati nella memoria di un decoder satellitare e su uno schermo televisivo.

IV – Sulle spese

211 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi,

la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1) La nozione di «dispositivo illecito», ai sensi dell’art. 2, lett. e), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 novembre 1998, 98/84/CE, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato, deve’essere interpretata nel senso che essa non ricomprende né i dispositivi di decodificazione stranieri – che consentono l’accesso ai servizi di radiodiffusione via satellite di un ente di radiodiffusione, che sono fabbricati e commercializzati con l’autorizzazione dell’ente medesimo ma vengono utilizzati, in contrasto con la volontà del medesimo, al di fuori della zona geografica per cui sono stati rilasciati –, né quelli ottenuti o attivati mediante l’indicazione di un falso nome e di un falso recapito, né quelli che siano stati utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consenta l’utilizzazione unicamente a fini privati.

2) L’art. 3, n. 2, della direttiva 98/84 non osta ad una normativa nazionale che impedisca l’utilizzazione di dispositivi di decodificazione stranieri, ivi compresi quelli ottenuti o attivati mediante l’indicazione di un falso nome e di un falso recapito, ovvero quelli utilizzati in violazione di una restrizione contrattuale che ne consenta l’utilizzazione unicamente a fini privati, atteso che una normativa di tal genere non ricade nel settore coordinato da tale direttiva.

3) L’art. 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che

– esso osta ad una normativa di uno Stato membro per effetto della quale siano illecite l’importazione, la vendita e l’utilizzazione, nello Stato membro medesimo, di dispositivi di decodificazione stranieri che consentano l’accesso ad un servizio codificato di radiodiffusione via satellite proveniente da un altro Stato membro contenente oggetti protetti dalla normativa di tale primo Stato,

– tale conclusione non è inficiata né dalla circostanza che il dispositivo di decodificazione straniero sia stato ottenuto o attivato mediante l’indicazione di una falsa identità e di un falso recapito, con l’intento di eludere la restrizione territoriale in questione, né dalla circostanza che tale dispositivo venga utilizzato a fini commerciali pur essendo riservato ad un uso a fini privati.

4) Le clausole insite in un contratto di licenza esclusiva concluso tra un titolare di diritti di proprietà intellettuale ed un ente di radiodiffusione costituiscono una restrizione alla concorrenza vietata dall’art. 101 TFUE laddove impongano a detto ente l’obbligo di non fornire dispositivi di decodificazione che consentano l’accesso agli oggetti protetti del titolare medesimo ai fini della loro utilizzazione al di fuori del territorio oggetto del contratto di licenza stesso.

5) L’art. 2, lett. a), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, dev’essere interpretato nel senso che il diritto di riproduzione si estende ai frammenti transitori delle opere nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo, a condizione che tali frammenti contengano elementi che siano espressione della creazione intellettuale propria degli autori interessati, ove, al fine di verificare la sussistenza di tali elementi, occorre esaminare l’insieme composto dei frammenti simultaneamente riprodotti.

6) Gli atti di riproduzione del genere di quelli oggetto del procedimento C‑403/08, effettuati nella memoria di un decodificatore satellitare e su uno schermo televisivo, rispondono ai requisiti indicati all’art. 5, n. 1, della direttiva 2001/29 e possono essere quindi compiuti senza l’autorizzazione dei titolari dei diritti d’autore di cui trattasi.

7) La nozione di «comunicazione al pubblico», di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29, dev’essere interpretata nel senso che comprende la trasmissione di opere radiodiffuse, per mezzo di uno schermo televisivo ed altoparlanti, ai clienti presenti in un bar-ristorante.

8) La direttiva del Consiglio 27 settembre 1993, 93/83/CEE, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d’autore e di diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo, dev’essere interpretata nel senso che essa non incide sulla liceità di atti di riproduzione effettuati nella memoria di un decoder satellitare e su uno schermo televisivo.

 

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